LA MOSTRA Jean Dubuffet e l’Art Brut: l’arte degli irregolari

L’importante esposizione al Mudec di Milano

In ogni storia d’artista che si rispetti c’è sempre un momento in cui vengono a cadere certezze e si verificano rotture, anzi meglio dire: fratture che determinano sviamenti dagli indirizzi in precedenza presi. Pochi sono i grandi artisti del XX secolo che non hanno seguito le intermittenze della proprio sentire e della propria intelligenza, fidandosi soprattutto di felici intuizioni. Spesso procurate, come si è detto evocandole, da fratture nel proprio percorso emotivo e intellettuale da accadimenti epocali. È il caso di Jean Dubuffet che a causa degli orrori perpetrati durante la seconda guerra mondiale intuì che poteva esistere un’arte totalmente sganciata da sovrastrutture, totalmente libera nella sua ingenuità, dovuta ad artisti irregolari. Provenienti da istituti manicomiali, da ospedali psichiatrici, dalle carceri o impediti da disabilità fisiche e mentali. Cioè non irreggimentati in scuole o accademie. Ovviamente, con le dovute eccezioni. Se si corre ad esempio a giganti dell’arte come Van Gogh o il nostro Ligabue che avevano una propria e profonda cultura dell’oggetto artistico come espansione di una cultura, anche letteraria. Poi, dallo specchietto retrovisore del presente, pertanto in retrospettiva, ci si è accorti che un’arte irregolare è sempre appartenuta all’umanità, seppur marginalizzata e ostracizzata. Su tale base fa mostra di sé al Mudec di Milano: Dubuffet e l’Art Brut. L’arte degli ousider (correda la mostra, visitabile fino al 16 febbraio prossimo, un bellissimo catalogo “in carta da pacchi” di 24 Ore Cultura). Sì, proprio Art Brut fu il nome con cui Dubuffet tracciò i confini di questa sua “scoperta” attraverso la promozione di mostre, riviste, cataloghi e soprattutto un’imponente collezione, sopravvissutagli diventando il serbatoio da cui molte delle opere presenti nell’allestimento curato da Sarah Lombardi, Anic Zanzi e per la parte concernente i lavori dell’artista svizzero da Baptiste Brun. Interessante è l’attraversamento, per lo più europeo, di questa “nuova” arte, riscontrata in più paesi, le cui contaminazioni però si travasano non solo nell’eterogeneità dei materiali, ma nella matrice medesima del manufatto che diventa opera d’arte nell’istante in cui è riconosciuta nella sua dignità. Alla base, anche di pittori divenuti celebri come Carlo Zinelli o Johan Hauser, vi è il gioco condotto sia su piani estremamente fisici sia spirituali. In ciò, non si può non scorgere il debito con i moti dell’inconscio freudiano e surrealista.

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