LA MOSTRA La Triennale “rovescia” la prospettiva
A Milano fino al 3 settembre
Non si poteva non iniziare dall’opera di Giuseppe Penone, quel “Rovesciare i propri occhi” che ha suggerito il titolo alla mostra: Reversing the Eye Fotografia, film e video negli anni dell’arte povera, visitabile alla Triennale di Milano fino al 3 settembre prossimo e a cura di Quentin Bajac, Direttore di Jeu de Paume, Diane Dufour, Direttrice di LE BAL (plenipotenziari delle istituzioni già ospitanti la mostra tra l’ottobre e il gennaio scorsi), Giuliano Sergio, curatore indipendente e Lorenza Bravetta, curatrice per fotografia, cinema e new media di Triennale Milano. Il catalogo Reversing the Eye. Arte Povera and Beyond 1960-75 è stato pubblicato dalle Editions Xavier Barral e non ha un’edizione in italiano a dimostrazione della miopia dell’editoria nazionale per quanto riguarda la fotografia e le sue applicazioni. Uscendo fuori da facili polemiche il focus di questa mostra convoglia tutte le attenzioni su un aspetto vitalissimo dell’arte italiana a cavallo degli anni Sessanta e Settanta, allorquando gli artisti cominciarono a gettar via pennelli e colori e iniziarono a confrontarsi con i media del tempo. Fu, soprattutto l’Arte Povera, teorizzata e mostrata da Germano Celant, a comprendere come il video, la fotografia e il cinema fossero mezzi potentissimi per far avvicinare all’arte (e alla sua comprensione) il maggior pubblico possibile. Infatti fu compreso che tali veicoli di comunicazione erano “poveri” perché facilmente usati (e abusati) dai protagonisti di quella irrepetibile stagione. Dunque, non solo fotografi come Elisabetta Catalano, Mario Cresci, Luigi Ghirri, Mimmo Jodice, Ugo Mulas che non si sono limitati a documentare performance e azioni del movimento. Ma anche gli artisti hanno provveduto a “selfizzare” la propria arte (se si consente di usare un termine di là a venire rispetto a cinquanta anni e passa fa). Proprio in questo rapporto tra passato e futuro a pagare dazio sembra proprio il presente chiamato, in ogni caso, a prendere parte a una festa mobile che rovescia continuamente la relazione tra arte e vita e sfalda i rispettivi confini. Rivedere, senza protezione, le opere di Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Gino De DominicisLuciano Fabro, Giosetta Fioroni,Jannis Kounellis, Ketty La Rocca, Piero Manzoni, Fabio Mauri, Mario Merz, fa un certo non si sa che di effetto. Perché come dice Penone a Elkann, l’arte povera non è stata contestataria, ma propositiva.
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