LA MOSTRA Marina Abramović: fuoco e respiro

L’artista ha inaugurato con le sue opere lo spazio gres art 671, imponente polo ex-industriale alle porte di Bergamo

Il rapporto di Marina Abramović se non è stato costante con l’Italia, è almeno coerente con la sua storia di artista e performer geniale e anticipatrice di movimenti e tendenze dell’arte contemporanea. La mostra, “Marina Abramović between breath and fire”, che ha inaugurato a metà settembre (e resterà aperta fino al prossimo febbraio) gres art 671, imponente polo ex-industriale alle porte di Bergamo riconvertito in spazio espositivo, fa riflettere su come si può competere su terreni anche difficili come l’arte contemporanea con le grandi fondazioni metropolitane. L’offerta è magnifica come lo sguardo d’insieme dei lavori esposti, allineati in un dispositivo quanto mai accogliente per il visitatore e capace di attrarre in più stazioni di sosta le molteplici visioni reali, filmiche, oggettuali delle opere dell’artista d’origine serba. Curata da Karol Winiarczyk, l’intero display espositivo ruota intorno alla figura di Maria Callas in un immaginario cinematografico, “Seven Deaths”, che immerge la biografia della cantante nelle arie che ha cantato dando corpo e voce alle sfortunate eroine del melodramma ottonovecentesco. Con la complicità di Willem Defoe, l’attore americano designato come prossimo direttore della Biennale Teatro, l’Abramović restituisce allo spettatore tutta l’emozione che un rito artistico può dare a vicende esistenziali, tra finzione e realtà quotidiana, anche tragicamente infelici. Come lo fu quello della soprano greca. Se “Seven Deaths” è il perno su cui ruotano i quattro capitoli – “Breath”, “Body”, “Other” e “Death” (facile è la traduzione) – che a salti antologici riallineano, a beneficio di un’osservazione attenta, alcune delle principali opere performative condotte dalla Abramović in cinquant’anni di carriera, sia con l’ex-compagno Ulay sia poi in regime solista. Non è qui lo spazio giusto per approfondire, anche attraverso i titoli, ogni singola opera. Sappia solo il visitatore, che la scelta di intraprendere questo viaggio nell’arte di Marina Abramović, lo costringerà a confrontarsi con un mondo che pare reinventarsi continuamente sia nella finzione del virtuale sia nel reale vissuto d’ogni giorno. Ciò non è altro che un’applicazione genialmente adattata dell’onlife a una prassi artistica sperimentata e consolidata nel tempo.

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