Vaiana è una bimba predestinata prima, e una giovane donna guerriera emancipata poi. La guida di un popolo che ha dimenticato come si naviga e che sceglie di prendere il mare da sola per andare alla scoperta dell’oceano oltre la grande barriera corallina. Per salvare la propria gente da un destino di povertà e fame.
È una parabola ambientalista tutta declinata al femminile Oceania, il nuovo film della Disney che rinnova ancora una volta i suoi canoni, pur rimanendo completamente aderente (per storie e contenuti) alla tradizione dei suoi film di animazione. Dimenticate castelli incantati e fatine (anche se gli autori sono gli stessi di Frozen) perché Vaiana è una principessa guerriera disposta a lasciare l’isola dei suoi avi, i genitori tanto amati, per andare alla scoperta dell’ignoto oltre l’oceano, per assecondare l’istinto e un destino scritto sulle vele di antiche navi abbandonate. Una rivoluzione al femminile dunque, la necessità di assecondare il cambiamento e di percorrerlo con coraggio: questa la strada segnata per la giovane principessa, una linea sotterranea che percorre tutto il 56° classico della Disney che non innova tanto in fatto di computer grafica (anche se le immagini sono spettacolari ed emozionanti) quando dal punto di vista dei valori che comunica.
Testa e cuore: già nel “corto” che anticipa il film sono contenuti gli elementi principali del racconto che seguirà. La piccola Vaiana è indecisa se assecondare uno o l’altro e sarà “liberata” dall’anziana nonna (!) che le illustrerà la sua missione. Non quella di invecchiare in un paradiso meraviglioso (ma fragile), protetto dalla barriera corallina, al caldo di una natura che si sta impoverendo, ma quella di sfidare il mare, assecondando i venti e di navigare verso altri lidi, per tornare infine cambiata, cresciuta e vincitrice.
Una metafora fin troppo scoperta dunque, un racconto di formazione e di emancipazione che si ripete sempre nei classici di casa Disney ma che qui introduce alcuni elementi di grande modernità. Oceania è un “cartone” adulto anche se è indirizzato a un pubblico giovane e giovanissimo, un film d’animazione che affronta il tema della morte già prima della metà del racconto e che riduce al minimo le situazioni comiche (che comunque non mancano). Che parla in maniera non banale di grandi temi, simboli ancestrali e persino tatuaggi. Si potrebbe obiettare che la rivoluzione al femminile non è ormai argomento nuovo ma una conquista già certa delle nostre società, ma l’affermazione non sminuirebbe la forza e la magia che gli autori riescono a trasmettere in questo film che sa unire il pubblico di diverse età per trasmettere valori universali. Le leggende degli dei del mare, la minaccia per la natura e lo spirito di indipendenza della protagonista possono riflettersi nell’oceano Pacifico di tremila anni fa come nei nostri giorni e la capacità degli autori resta quella di rendere credibile e contemporaneo tutto quanto. Tra canzoni (peccato per la traduzione…) e il “tocco Disney” che è garanzia per un risultato di grande qualità quello che resta è uno spirito di libertà che riesce a gonfiare le vele del racconto e dell’emozione.
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