Il rettangolo di gioco è sempre stato troppo “stretto”, insufficiente a contenere da solo la sua personalità complessa. Hai voglia a far giri di campo, scatti e tiri in porta... è ancora troppo il resto che rimane fuori. Non sono però le linee nette, il confine dritto tra una riga di porta e un gol, a impedire lo sguardo a Pierpaolo Curti, prima bomber, ora allenatore, ma soprattutto pittore che proprio dentro tratti precisi, quasi geometrici, sembra aver trovato una nuova cifra stilistica per continuare la sua ricerca artistica. Potranno scoprirlo i visitatori della mostra che ha deciso di dedicargli il prestigioso Festival di Spoleto, una personale intitolata White corner a cura di Gianluca Marziani in collaborazione con Fondazione Mudima (aperta fino a domenica 25 settembre, info: www.palazzocollicola.it) costruita all’interno del cartellone dei “Due Mondi” e che raccoglie una trentina di opere della produzione che va dal 2010 fino a oggi.
«È vero. Adesso è nel colore e nel disegno, in una combinazione di “pulizia” del tratto che trovo la strada per i miei quadri», le parole di Curti alla vigilia della partenza per questa trasferta importante. L’ennesima in una stagione che dal punto di vista sportivo ha già portato il massimo: una promozione in Serie D per il suo Cavenago Fanfulla, prima di una nuova svolta (Curti ha già annunciato che l’anno prossimo continuerà la sua carriera da allenatore altrove, alla Pergolettese, per soddisfare probabilmente quella sete di scoperta e quella ricerca che si diceva...). «La maturità toglie gli orpelli e riporta all’essenziale - spiega per tracciare un confine con le opere del periodo precedente, in cui era la materia l’elemento predominante -, il vuoto diventa un elemento da affrontare, fondamentale. Il vuoto, mi raccomando, non il nulla. Sono due cose distinte». Quel vuoto che si affaccia oltre lo strapiombo dei suoi paesaggi di montagna, dipinti con pochi colori, senza orpelli con nuove linee, appunto: «Quella che prima era una dimensione sensoriale è diventata ora uno stato mentale. Il territorio si è trasformato per diventare un luogo dell’anima. Dove c’erano i campi ora ci sono le montagne, dopo aver trovato le radici del mio luogo di nascita ho sentito il bisogno di guardare altrove e la montagna - l’alta via Dolomitica - per me, per continuare questa ricerca, è stata essenziale».
Uno spazio che diventa simbolico, territorio per raccontare una visione del mondo: «La visione della montagna mi ha cambiato la vita. L’altezza, la sfida della quota: credo che la nostra società abbia puntato per troppo tempo al basso, al livellamento. Si sente troppo spesso dire che nulla cambia perché tutto è uguale al resto, tutto indifferenziato. Io non credo che sia così, lo spazio della montagna te lo insegna». Reazione all’omologazione al tempo del social imperante? «No, non è la rete che mi fa paura. Le persone sono persone nel mondo reale e in quello della rete. Piuttosto mi fa spaventa di più chi sfrutta l’ambiente o che compie raggiri, fa più paura un’economia che risponde a dinamiche non sempre trasparenti». A Spoleto dunque tutta la personale è “contenuta” dentro un titolo, White corner, che è un angolo bianco in cima a una montagna. «Sostare in alta quota, in un angolo dove riparare in attesa di una fase successiva, che sempre arriva. Ogni fase, ogni ostacolo da superare ha un colore. Ma ogni snodo è bianco, fatto di luce. E il tentativo di raggiungere questo livello secondo me è arte». Dalle parole diventa evidente la dimensione spirituale altissima che ha sempre contraddistinto le opere di Curti e che con il passare del tempo si fa ancora più chiara. «Non c’è religione ma religiosità nei miei quadri». C’è il tentativo di raggiungere altro, un livello non conosciuto immediatamente, una tensione che non allenta mai. E che diventa energia.
Quella stessa che è impossibile da contenere dentro le linee precise di un campo da calcio... Ma non è complicato far convivere questa tensione e quelle che regolano un ambiente come quello del calcio, che sembra lontano anni luce? «No, assolutamente. Per quanto mi riguarda anzi credo che questa duplicità sia diventata indispensabile. Non potrei probabilmente vivere solo in una dimensione o nell’altra. Non potrei essere solo un animale sociale al centro di un campo, senza avere una dimensione privata in cui fare arte. Sembrano due cose difficili da far conciliare e invece sono cose che si completano». Anzi, è proprio dentro una che probabilmente va cercata l’altra per capire il prossimo “scatto” di Curti.
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