Le ferite degli anni più bui negli occhi di un bambino
“Padrenostro” di Claudio Noce presentato alla Mostra di Venezia 2020
«Si rimargina subito». Sarebbe bello se fosse davvero così: curare le ferite come fossero piccoli taglietti che si richiudono con il tempo. Invece restano le cicatrici, quelle dell’anima e quelle del cuore, che restano dentro anche quando gli anni corrono e il passato sembra una terra lontana. Così Claudio Noè con Padrenostro decide di raccontare la sua storia - una storia vera avvisa sui titoli di testa - quella di suo padre Alfonso vicequestore, romanzata in un film che si immerge negli anni Settanta, gli “Anni di piombo”, e che tra memoria e sospensione della realtà mischia il privato alla cronaca del Paese tutto intero.
Valerio quindi: ha un padre giudice, la scorta sotto casa, e una mattina assiste a una scena che mai avrebbe dovuto vedere, l’attentato di un gruppo di terroristi che colpiscono il padre, e alla morte di uno di questi rimasto sull’asfalto a pochi metri dai suoi occhi. «Non ha visto niente» continuano a ripetere gli altri, i grandi, in realtà lui ha visto tutto e non potrà dimenticare. Nella sua vita poco dopo arriverà all’improvviso Christian, di pochi anni più grande, un amico, uno spirito libero, praticamente il suo opposto, da quel momento la sua altra metà.
Ricordi, sogno, immaginazione, una ricostruzione inappuntabile degli ambienti - le case, i vestiti, le canzoni - e la memoria degli “Anni di piombo” che irrompe vera e drammatica, mentre tutto intorno invece sembra restare sospeso, visto attraverso gli occhi di Valerio, come in un limbo.
Claudio Noce (da recuperare il suo bellissimo esordio Good morning Aman) guarda e filma con amara nostalgia e ricostruisce quegli anni che - anche se legati ad eventi drammatici - sono stati per lui quelli “dell’innocenza” (e della fine dell’innocenza).
Fare i conti con la stagione del terrorismo in Italia è però solo uno degli obiettivi di Padrenostro che prima ancora è un film sui padri e sui figli, sull’elaborazione del dolore e sulla memoria. Un film sugli anni drammatici del sangue nelle strade ma visti dalla prospettiva “deformata” di un ragazzino di 11 anni.
Il regista accetta il rischio di condurre il suo film su questo sentiero stretto, in bilico tra sogno e reale, mischiando l’amico immaginario di Valerio ai riferimenti alla cronaca dell’epoca (i Nap), lavorando sull’archetipo (eccedendo qualche volta nella simbologia). Il suo è un film difficile da portare a compimento, una sfida complicata che però funziona. Per la scelta degli attori bambini (Mattia Garaci e Francesco Gheghi) e per come vengono diretti, innanzitutto. E per come ribalta la prospettiva, finendo per raccontare anche l’altra faccia del dramma.
Più complicato invece è mantenere sospesi i protagonisti tra realtà e trasfigurazione per le due ore di durata del film. Un meccanismo che regge perché alla fine quello che resta nella testa dello spettatore è altro: l’emozione e il dolore da una parte e la riflessione sul tema dall’altra. E sopra ogni cosa la storia personale che diventa quella di tutti e alla fine quella del Paese intero.n
Padrenostro
Regia Claudio Noce
Prime Video, Sky
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