L’eredità di Pino Grioni: un patrimonio collettivo
Un excursus tra le opere e le idee a poco meno di un mese dalla morte dell’artista
“Un artista non muore mai” è una frase spesso abusata, ma che ribadisce come la forza del pensiero impresso nelle opere sopravvive alla morte del loro autore. E nel caso di Pino Grioni, scomparso lo scorso 31 luglio a 88 anni, restano numerosissimi i dipinti sparsi nelle collezioni pubbliche e private, e poi le ceramiche, le sculture, le vetrate che tra mostre e premi ricevuti ne hanno segnato il percorso; e molte sono le realizzazioni concepite per i luoghi pubblici, dove continua a parlare la sua voce. «Tenete duro, vi voglio bene» erano state le parole rivolte dalla pagina facebook ai compaesani di Castiglione d’Adda. Era il mese di marzo, la tragedia del virus batteva con violenza nel paese natale dell’artista; e da Milano, dove si era trasferito negli anni sessanta, Grioni seguiva con apprensione la sorte degli amici. Nel colloquio telefonico che raccontava un’opera ispirata al nemico invisibile, la sua voce carica di passione per il lavoro, poi proseguito intenso fino all’ultimo, lasciava immaginare ancora intense stagioni creative.
Che cosa lascia ora Pino Grioni, della sua arte? Innanzitutto il linguaggio, che semplifica il reale e l’immaginato in figurazioni di impronta geometrica accogliendo echi metafisici, applicato con coerente versatilità nelle diverse tecniche e materiali; e un “lascito” in opere pubbliche, tra le quali un possibile viaggio potrebbe muovere dalla chiesa milanese di San Nicolao della Flue in zona Forlanini, dove le vetrate da lui realizzate nei primi anni Ottanta hanno fatto da sfondo alla cerimonia dell’ultimo saluto. Voluta da don Piero Carnelli primo parroco della chiesa costruita negli anni Sessanta, il quale indicò anche i soggetti iconografici, l’ampia impresa si sviluppa lungo un articolato percorso tematico: 134 vetrate, alle quali si aggiungono le grandi tele sulle pareti laterali. Ispirati ai misteri della vita di Gesù e di Maria, agli Evangelisti, ai Vescovi ambrosiani e ai Papi del dopoguerra, a numerosi Santi, alle virtù cardinali e teologali, alle ricorrenze liturgiche, agli episodi della Genesi e alle parabole evangeliche, i cromatismi trasparenti del vetro variano ai giochi della luce, in campiture dalle serene tinte luminose legate dal piombo, che ricompongono la complessità un mondo dapprima analizzato e scomposto per piani. Lo stesso procedimento ha dato vita alle vetrate della chiesa di San Giovanni Bosco a Codogno e alle altre che hanno raggiunto il Kenya, in quello che fu il primo santuario di Nairobi, esposte nel 1989 prima della partenza per l’Africa nella galleria Vittorio Emanuele a Milano. Anche la parrocchiale di San Lorenzo a Riozzo si è arricchita delle vetrate di Grioni, e dell’opera collocata all’esterno della chiesa: una scultura in cemento le cui forme sfiorano l’astrazione, come le altre visibili nel giardino del Municipio di Castiglione d’Adda, che custodisce pure numerosi dipinti. Poco lontano, anche il parco di piazza Aldo Moro mantiene in una scultorea “Natività” la presenza di Grioni, tornato per sempre nella sua Castiglione.
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