LIBRI Intelligenza artificiale: paura e opportunità di una rivoluzione che (non) ci travolgerà

Il lodigiano Maurizio Borghi è tra gli autori di un saggio dedicato ai rischi delle nuove tecnologie

Ruota, stampa, lampadina, penicillina, telefono, energia nucleare: secondo i suoi cantori più accesi, l’intelligenza artificiale generativa produrrà un impatto superiore a tutte queste invenzioni. Ma sono tanti gli studiosi che considerano l’AI una potente minaccia al mondo come lo abbiamo conosciuto finora. A smontare i toni apocalittici (in positivo e in negativo) arriva Critica di ChatGpt, opera chiave sul tema pubblicata da Elèuthera e firmata da Antonio Santangelo, Alberto Sissa e Maurizio Borghi. Quest’ultimo, lodigiano, è professore ordinario di Diritto commerciale a Torino e condirettore del Centro Nexa su Internet e Società del Politecnico. Con lui abbiamo approfondito alcuni dei temi del volume.

Secondo Borghi, la narrazione dominante sull’AI segue due filoni solo apparentemente opposti: l’entusiasmo sfrenato e il disfattismo. «Ma queste narrazioni sono complementari: entrambe presentano l’AI come una rivoluzione inarrestabile, che deve attrarre investimenti. Il problema è che i fondi ragionano sul breve termine: se tra vent’anni il mondo crolla, a loro non interessa. Contano i ritorni immediati». E aggiunge: «Anche i governi spingono. Ma di “artificiale” c’è poco: per addestrare le AI serve una rifinitura enorme dei dati, un filtraggio continuo. Questo lavoro viene svolto nei Paesi del Sud del mondo, con salari bassissimi: è una forma di sfruttamento neocoloniale».

E il mantra secondo cui “l’intelligenza artificiale ci ruberà il lavoro”? «In parte lo sta già facendo. Alcune aziende di alta tecnologia hanno licenziato sviluppatori e creativi. Nel settore legale, che conosco, si teme il rimpiazzo di avvocati e giudici. Non accadrà in quei termini, ma le mansioni ripetitive sono a rischio, spesso sostituite da sistemi che non funzionano bene e causano più problemi che soluzioni».

Nel libro si chiede, come possibile soluzione, un confronto dialettico tra chi costruisce l’AI e chi ne subisce limiti e conseguenze. Un’utopia? «Difficile, ma non impossibile. Le scuole e le università giocano un ruolo centrale. Durante e dopo il Covid si è investito moltissimo nella digitalizzazione scolastica. Ma diversi studi dimostrano che queste tecnologie hanno un impatto negativo. Abbiamo già commesso un errore con i social: tanti adolescenti ne sono diventati dipendenti. Con l’Intelligenza artificiale, serve, da subito, una resistenza forte. Chi lavora nell’educazione deve documentarsi e mantenere uno spirito critico. L’AI può fare i compiti al posto degli studenti: non credo che servano altre prove per capirne l’effetto deleterio. Prima si insegna il pensiero critico, poi si introduce la tecnologia. Non partiamo da ChatGpt alle scuole elementari».

Una questione centrale è anche quella del copyright: «Le leggi esistono, sia per i dati personali sia per il diritto d’autore. Il regolamento europeo sull’AI è entrato in vigore l’estate scorsa, ma il rischio è che i buoi siano già scappati: molti sistemi sono stati addestrati prima. Gli strumenti ci sono, ma serve la volontà politica per farli valere».

Il titolo del libro non è casuale: «”Critica” significa avere un atteggiamento costruttivo – chiude Borghi -: fare attenzione, esercitare il pensiero critico, capace di fare le dovute distinzioni, e non lasciarsi abbagliare dalla narrativa dominante».

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