L’INTERVISTA «Un fiume di libri, ospiti e parole: Lodi diventa capitale della cultura»

Riccardo Cavallero presenta il festival letterario in programma in città da giovedì a domenica

Tanti ospiti, tanti “big” – da Antonio Scurati a Roberto Saviano, passando per Maurizio De Giovanni e Fabio Genovesi – che per quattro giorni renderanno Lodi una delle capitali italiani della letteratura. Da giovedì a domenica, all’ombra del duomo in piazza della Vittoria, andrà in scena la prima edizione del festival “Il fiume dei libri”, appuntamento che apre la rassegna estiva Lodi al sole promossa dal Comune. Diretto da Cadore 33 di Riccardo Cavallero e Teresa Martini, il festival intende diventare un appuntamento fisso ed entrare nel gotha delle grandi manifestazioni letterarie italiane. «Ma di fatto ci siamo già entrati – racconta Riccardo Cavallero, lodigiano, già direttore generale Mondadori, amministratore delegato Einaudi e fondatore della casa editrice SEM -. Abbiamo ricevuto davvero un fiume di telefonate, da parte di autori, agenti, case editrici».

Durante la conferenza stampa di presentazione del festival, lei ha usato più volte la parola “intrattenimento” accanto al termine “cultura”. Ci può spiegare meglio questo concetto?

«L’industria editoriale fa parte a pieno titolo del settore intrattenimento. Produce eventi proprio per intrattenere il pubblico. La cultura c’è sempre, ma si può parlare di temi importanti con leggerezza, cercando di allargare il pubblico».

Qual è l’obiettivo a lungo termine del festival?

«Direi che questo “numero zero” è molto promettente, abbiamo registrato già una notevole attenzione. Ovviamente tutto è migliorabile: per la prossima edizione vorremmo proporre anche appuntamenti dedicati alle scuole. Il festival deve diventare un momento condiviso con tutta la città, anche nel corso dell’anno. Dobbiamo promuovere i libri in modo diverso: non organizzare solo semplici presentazioni, ma incontri mirati a fare conoscere gli autori, le persone. Vogliamo sapere perché scrivono, cosa pensano».

Perché il titolo “Il fiume dei libri”?

«Io sono molto legato a Lodi, dove ho vissuto anni splendidi. I miei genitori e mia sorella abitano ancora in città. L’Adda è una componente fondamentale di questo territorio e la cultura è come il fiume: fertilizza le terre che lambisce. Nei prossimi anni, l’obiettivo è organizzare eventi anche lungo il fiume: bisogna trovare gli spazi adatti, con il Comune stiamo lavorando in questa direzione».

Il festival rappresenta anche un “volano” dal punto di vista turistico…

«Questa è l’ambizione. Vogliamo offrire un evento di qualità alla cittadinanza, ma anche portare gente da fuori. Pensiamo a ciò che accade a Mantova o a Pordenone: sono due rassegne in cui le persone si spostano per seguire gli eventi. Tra gli obiettivi che ci siamo prefissati, c’è anche il fatto che il festival abbia una ricaduta economica sul territorio. In più, Lodi è stupenda, la piazza è un gioiello: è un modo per mettere in “vetrina” la città».

Come avete scelto gli autori?

«Il cartellone è molto variegato: c’è un po’ di tutto. È come creare un palinsesto televisivo. Abbiamo cercato di non sovrapporre generi simili. Il festival è nato per essere “spalmato” su tre giorni; poi, tra elezioni ed Europei di calcio, abbiamo dovuto fare lo “slalom” per incastrare il tutto».

C’è una presenza che vi rende particolarmente orgogliosi?

«Direi che tutti gli ospiti porteranno qualcosa di importante. Abbiamo invitato Antonio Scurati prima di ciò che è successo poi in Rai; abbiamo portato fortuna a Chiara Valerio, una delle finaliste del Premio Strega. Diciamo che c’è un bel mix, adatto a tutti i gusti: partiamo con Scurati e chiudiamo con Fabio Volo. In più possiamo contare anche su giovani molto interessanti come Ilaria Rossetti e Marta Stella. Senza dimenticare un “mostri sacro” lodigiano come Andrea Maietti, una delle passioni della mia vita. Il prossimo anno vorremmo invitare anche scrittori stranieri, ma per farlo c’è bisogno di tempo».

Nel 2018, dopo il “caso mense” aveva deciso di restituire il Fanfullino d’oro. Ha fatto “pace” con la città?

«La mia scelta era stata un gesto simbolico nei confronti di un’iniziativa sciagurata, per portare attenzione su un tema particolare. Ma sono felice di avere ricevuto il premio e, soprattutto, che poi quell’ordinanza sia stata eliminata. Lodi è la città dove mi sono divertito di più. Ho trascorso gli anni più belli, quelli del liceo, giocavo a pallanuoto, insegnavo nuoto… Ho solo grandi ricordi. E poi, ripeto, una piazza come quella di Lodi ha davvero pochi eguali».

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