LODI IN CORNICE La discesa del Montadone circondata da una “selva”
nei colori di Ferrabini
Il nostro viaggio prosegue con l’opera che fa parte della collezione del Museo civico
La lunga strada di Lodi in discesa, che attraversa una zona boscosa oggi scomparsa, è l’attuale via Secondo Cremonesi. Il pittore Pietro Ferrabini (1787-1869) la dipinse nella seconda metà dell’Ottocento, probabilmente poco prima del definitivo ritorno nella nativa Rancio presso Lecco, dopo che aveva vissuto nella città sull’Adda la parte più ampia del suo percorso. È un’immagine che non manca di stupire gli osservatori, per l’aspetto profondamente mutato del luogo che a una osservazione più attenta consente però di individuare numerosi elementi ancora esistenti, aprendo a una suggestiva riconoscibilità.
Appartenente alla collezione del Museo civico di Lodi, il quadro “Selva greca” riveste un particolare interesse anche documentario: pur tenendo conto delle inevitabili “licenze poetiche” che anche i pittori paesaggisti spesso si concedono, il dipinto rende possibile un confronto con la realtà attuale della strada che conduce nella zona dell’Ospedale Maggiore, a partire dal tratto iniziale cui si accede dall’odierno corso Mazzini. Lo sguardo del Ferrabini ci racconta questa prima zona, più stretta dell’attuale, lastricata e fiancheggiata da paracarri, oltre che immersa nella “selva” citata nel titolo della tela: una zona boscosa che si infittisce più avanti, dalla quale presero nome la zona e una via che vi è ubicata. Il convento di Santa Chiara ospitante attualmente la casa di riposo, sul quale culmina la traiettoria visiva sullo sfondo, è documentato da Ferrabini insieme alla chiesa e al campanile, abbattuti nel 1887, che facevano parte del complesso. Ancor oggi esattamente distinguibili dalla stessa prospettiva sono, sull’altura a sinistra, il campanile e la chiesa della Beata Vergine del Carmine che si aprono su via Paolo Gorini; non esiste più, invece, l’alto campanile bianco della chiesa di Santa Croce, allora situata vicino alla casa dove visse lo scienziato cui la via è intitolata.
L’ampio paesaggio risponde al gusto e al linguaggio scenografico del Ferrabini che a Lodi si fece apprezzare come scenografo, specie presso il Teatro Sociale poi intitolato a Giuseppe Verdi nell’odierno corso Archinti, abbattuto nel 1939. Il lecchese vi fu attivo, riscuotendo consensi, fin dal 1816; intensi anche i suoi interventi come pittore-decoratore che lasciò affreschi in chiese e luoghi istituzionali come il salone del collegio fondato da Maria Cosway, dove fu insegnante di disegno, e di ville e palazzi della borghesia lombarda.
Il dipinto è noto anche con il titolo “La discesa del Montadone” in virtù del fatto che “el Muntadon”, per la forte pendenza, era (ed è ancora) abitualmente chiamato questo importante luogo della Lodi ottocentesca: l’antica strada di Circonvallazione, intitolata nel 1911 al deputato e benefattore Secondo Cremonesi. Il viandante che percorre il primo tratto della discesa, munito di cappello e bastone, è un personaggio tipico dell’iconografia del Ferrabini con la caratteristica corporatura scorciata; ancora esistente l’edificio alla sua destra, inglobato poi nel complesso del Lanificio, eternato nelle pagine di Ada Negri come luogo della fatica quotidiana della madre.
© RIPRODUZIONE RISERVATA