L’ultimo ballo dei super campioni
“Siamo Serial”: con “The last dance” continua il nostro viaggio nell’universo delle serie tv
Un tuffo nella storia della palla a spicchi della durata di 8 ore e 24 minuti, in cui vengono svelati numerosi retroscena dell’”ultimo ballo” della squadra più forte della Nba. “The Last Dance” è la serie documentario del regista Jason Hehir, distribuita in Italia da Netflix, che racconta dietro le quinte e dalla voce dei protagonisti la cavalcata verso il sesto e ultimo titolo dei Chicago Bulls di Michael Jordan nella stagione 1997/1998. Nei dieci episodi della durata di circa 50 minuti l’uno, il regista del Massachusetts racconta i fatti grazie alle immagini inedite e in esclusiva che sono state girate in quegli anni e alle interviste dei protagonisti. Oltre ad “Air Jordan”, protagonista indiscusso del documentario, gli episodi vengono descritti direttamente dai vari Phil Jackson, coach della squadra dell’Illinois, Jerry Reinsdorf, proprietario della franchigia e da numerosi giocatori, da Scottie Pippen a Dennis Rodman, senza dimenticare Steve Kerr e Horace Grant. La serie, che ripercorre nel dettaglio l’ultima stagione vincente dei Bulls, è anche ricca di numerosi flash back, come quelli relativi all’ingresso in Nba di Jordan e alla sua storica sponsorizzazione con la Nike, alla querelle del contratto di Scottie Pippen, fino alla fuga durante la stagione di Dennis Rodman, scappato a Las Vegas tra feste con la modella Carmen Electra e ai suoi incontri di wrestling. Non vengono raccontati solo episodi di pallacanestro, quindi, ma anche storie come la morte del padre di MJ, che ha portato al suo ritiro dopo i primi tre titoli vinti, per dedicarsi al baseball, o l’incredibile vicenda del padre di Steve Kerr, assassinato da un militante nazionalista libanese a Beirut, dove era presidente dell’Università Americana. In mezzo a queste tinte cupe, però, gli storici appassionati di basket potranno rivivere le appassionanti sfide tra i Bulls e i “bad boys” dei Detroit Pistons, la gara contro i Boston Celtics del 20 aprile 1986, in cui Jordan mise a segno quello che è tutt’ora il record di punti nei play off (63) e che fece dire a Larry Bird «Era Dio travestito da Michael Jordan», o l’esperienza olimpionica del Dream Team assieme a Magic Johnson. La serie non è però totalmente celebrativa: spesso vengono tolti alcuni sassolini che i protagonisti hanno tenuto per anni nelle scarpe, anche se i duri attacchi all’allora General Manager, Jerry Krause, colui che ha creato la squadra più forte della Nba, sono stati piuttosto sgradevoli, dal momento che lo stesso è deceduto e non ha potuto vedersi garantito il diritto di replica. Lo stesso Michael Jordan mischia alla sua grandezza una rilevante dose di arroganza e prepotenza, ma anche queste caratteristiche hanno contribuito a farne il giocatore - o lo sportivo? - più forte della storia.
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