Questo è il classico film che piace poco ai critici e troppo al pubblico. E che quindi, banalmente, mette la “verità” nel mezzo… Troppo facile e leggero per i primi, altrettanto divertente e così ben congegnato che pare impossibile non possa piacere al secondo (che poi è composto da quelli che pagano il biglietto e quindi sempre dovrebbero dare il giudizio finale).
Benvenuti insomma al “Marigold Hotel”, perla a cinque stelle nel cuore esotico dell’India, che dalla brochure pubblicitaria occhieggia ai clienti (e agli spettatori) promettendo sfarzi ed esperienze indimenticabili. Quelle che puntualmente arriveranno, in forme completamente inaspettate, per un pugno di incauti personaggi che naturalmente quaggiù finiranno per trovare molto più di quello che avevano osato chiedere alla partenza. Partiti con storie diverse e obiettivi e desideri differenti, accomunati da un vago bisogno di fuga, declinata in tutte le forme possibili, al Marigold si incontrano la vedova in bolletta Evelyn e il giudice Graham che ha sbattuto la porta in faccia ai colleghi dell’Alta Corte. In viaggio e alla ricerca come Douglas e Jean, una coppia in lite quasi cronica, o come Muriel che aspetta un intervento chirurgico o ancora come Norman e Madge. Tutti attirati dal fascino esotico promesso dall’India e dall’hotel che il giovane proprietario Sonny Kapoor dirige con spirito, diciamo così, assai “creativo”.
Personaggi diversi quindi “costretti” a una convivenza che li porterà, in breve tempo, e in età adulta, a confrontarsi con una realtà distante anni luce da quella quotidiana, infranta dai colori e dai suoni dell’India o dal confronto con un prossimo che da ostile improvvisamente può diventare “amico”. John Madden, regista mai più arrivato ai livelli di “Shakespeare in love”, dirige questa commedia che rispetta lo schema classico di un certo cinema britannico, fortunato e premiato dal pubblico. Qui il tema viene declinato “per età”, puntando tutto sulla classe straordinaria di un pugno di attori (Judi Dench, Maggie Smith, Tom Wilkinson, Bill Nighy, Penelope Wilton, Ronald Pickup e Celia Imrie) che impegnati in una gara di bravura evitano, al pubblico e al regista, l’effetto “villa arzilla” a vantaggio di una commedia forse non originale che ritrova un certo gusto per il tono leggero, con il pretesto anche di più di un appiglio al sociale e ad argomenti di un certo spessore: il confronto/scontro tra culture differenti ad esempio, o il politicamente scorretto di una terza età vissuta fuori dalle regole. Tutto naturalmente torna come accade in questo tipo di sceneggiature che mischiano con un sapiente bilancino personaggi ed emozioni seguendo una ricetta già vista e per questo infallibile. Il film mette in gioco meccanismi di sicura presa: i vecchietti simpatici, l’ambiente esotico con lo splendore della natura in cui si riflettono i diversi caratteri dei personaggi. Una ricetta sicura insomma. Poco di nuovo quindi ma ottenuto con la sincronia di un orologio svizzero, la stessa che muove la squadra di interpreti che da soli valgono il prezzo del biglietto.
PRIMA VISIONE Questo è il classico film che piace poco ai critici e troppo al pubblico. E che quindi, banalmente, mette la “verità” nel mezzo… Troppo facile e leggero per i primi, altrettanto divertente e così ben congegnato che pare impossibile non possa piacere al secondo (che poi è composto da quelli che pagano il biglietto e quindi sempre dovrebbero dare il giudizio finale).
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