Made in Italy

SIAMO SERIAL: Il mondo della moda e gli anni ’70 e la nascita di un mito

Ce n’è voluto di tempo, prima che il piccolo schermo decidesse di dedicare una serie tv alla moda. “Made in Italy” (Amazon Prime) è un viaggio tra sogni e anni di piombo, con un solo filo conduttore: la moda e la nascita del prêt-à-porter in Italia negli anni Settanta. Prodotta da Taodue e The Family, vede come protagonista Irene Mastrangelo (Greta Ferro, modella alle prime armi con la recitazione), figlia di immigrati del Sud che diventa giornalista grazie a un impiego trovato per caso nella rivista di moda Appeal. Impegno e dedizione le daranno l’opportunità d’incontrare i pionieri del settore, lavorando gomito a gomito con una giornalista più esperta e navigata di lei e dal carattere difficile, Rita Pasini, interpretata da Margherita Buy.

Sì, le somiglianze con “Il Diavolo veste Prada” ci sono, ma non sono abbastanza per stroncare un prodotto che invece si rivela decisamente apprezzabile. La contrapposizione tra una giovane alle prime armi (bella, molto magra e vestita da urlo) e una manager/giornalista severa, dai modi burberi ricorda la celebre pellicola con Meryl Streep e Anne Hathaway.

In questo caso, però, si è catapulti nella Milano anni Settanta, segnata dal sangue e dalle lotte operaie, ma anche dalla voglia di cambiamento. Una città in cui si avverte netta la sensazione che tutto sia possibile, una metropoli che “sgomita” per far spazio alla modernità e che proprio per questo motivo diventa il palcoscenico ideale per la moda e la sua creatività. In questo scenario, i tumulti restano in sottofondo, mentre a essere in primo piano è sempre la moda, in una sfilata di grandi protagonisti.

Si parte con Walter Albini, il primo a far emergere lo stilista dall’anonimato, a comprendere che era necessario presentarsi sul mercato con un’idea forte e riconoscibile. Un posto d’onore è destinato a Krizia e Valentino, ma anche a Versace e Armani, questi ultimi appartenenti a una generazione di stilisti che inventò il casual, per arrivare Missoni con il suo cardigan, un capo che per un certo periodo diventò una divisa colta per intellettuali e personaggi dello spettacolo. Nel frattempo, di pari passo, il racconto mostra come la moda iniziò proprio in quegli anni a costruire un nuovo modello produttivo, in cui lo stilista passa da produttore senza voce a firma che si occupa anche della comunicazione e commercializzazione. “Made in Italy” si sforza di spiegare l’impatto dirompente di ogni creativo sulla società, senza mai dimenticarsi di Milano. La metropoli meneghina, oggi considerata capitale della moda, è uno sfondo imprescindibile: con Albini la sede delle presentazioni si spostò da Firenze a Milano, una città industriale considerata un luogo di sperimentazione per il prêt-à-porter giovanile, città delle avanguardie, del design e della contestazione. Un primato che non si è più lasciata scappare.

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