Manhunter: Unabomber
SIAMO SERIAL: La caccia al serial killer diventa una delle serie più avvincenti in circolazione
Citazione lunga, ma significativa (portate pazienza): “Ripeti a te stesso che sei tu ad avere il controllo. Ti obbediscono, la tua tecnologia, le tue macchine. Che cosa faresti senza la tua auto, il tuo telefono? E se tutti gli aeroplani si fermassero? Dieci anni fa i computer erano strani giocattoli costosi, oggi la civiltà come la conosciamo si sgretolerebbe senza di loro. Vivi nel terrore di un blackout, di un computer che va in crash, un’auto che non parte, un telefono che non squilla. Così costruisci la tua vita, l’intera società in modo che non accada. Tutto ruota intorno ai loro bisogni, non ai tuoi: loro vibrano, tu scatti; loro squillano, tu rispondi. Quindi domandati, chi ha davvero il controllo? Tu o loro?”. Firmato Ted Kaczynsky, conosciuto in tutto i mondo come Unabomber, il terrorista che tra il 1978 e il 1995 uccise tre persone e ne ferì 23 con pacchi esplosivi inviati per posta. La caccia per prenderlo è racchiusa in una delle migliori miniserie tv poliziesche nascoste nel catalogo Netflix, “Manhunt: Unabomber.” Creata da Andrew Sodroski, Jim Clemente e Tony Gittelson, vede sul piccolo schermo il profiler Jim Fitzgerald (Sam Wothington) sulle tracce, insieme a una numerosa squadra dell’Fbi, di Unabomber, interpretato da Paul Bettany.
Il racconto di come gli investigatori siano riusciti a scoprire l’identità dell’assassino, ex professore di matematica poi arrestato e condannato al carcere a vita (attualmente sta scontando la pena in una prigione della Louisiana) è romanzato ma ben scandito, con ricostruzioni fedeli a quanto accaduto nella realtà. Se la prima parte della vicenda è più spostata verso il punto di vista dell’Fbi e degli sforzi fatti per arrivare a Ted Kaczynski, la seconda parte, a mano a mano che il cerchio si stringe, si concentra soprattutto sul terrorista. Accanto alla distruzione e al dolore disseminato da Unabomber, la miniserie non manca di mostrare un altro lato decisamente pericoloso dell’assassino: le sue idee, racchiuse in un manifesto. Kaczynski ha infatti giustificato i suoi crimini come un tentativo di combattere contro i pericoli del progresso tecnologico. “Un pezzo di carta può attraversare un continente come gli appunti che passavamo in classe, ormai ti posso spedire dei biscotti dall’altra parte del mondo scrivendo il tuo nome sulla scatola, apponendoci dei francobolli e imbucandola. E tutto questo funziona solo perché ogni persona coinvolta nella catena si comporta come un robot senza cervello, io scrivo un indirizzo e lei obbedisce. (...) Perfino voi, con tutte le vostre proteste sul libero arbitrio, se arriva una scatola a vostro nome non riuscite neanche a immaginare di fare altro se non obbedire. Beh, non è colpa vostra, è stata la società a rendervi quello che siete: un branco di pecore che vive in un mondo di pecore. E visto che siete tutti pecore, e dato che non sapete fare altro che obbedire, io posso raggiungere e toccare chiunque, ovunque sia”.
Per gli appassionati del genere, l’anno scorso è arrivato il tanto atteso annuncio: la seconda serie, intitolata “Manhunt: Deadly Games” seguirà il caso di Eric Rudolph, conosciuto come l’Olympic Park Bomber.
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