MUSICA Bahrami, più di un concerto: «L’accoglienza e l’armonia sono le risposte alla crisi attuale»
Il pianista iraniano di fama internazionale martedì 21 novembre si esibirà al teatro Alle Vigne di Lodi nelle variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach
L’arte come forma di salvezza, quasi un antidoto ai pericoli di una società che sembra aver perso ideali e credenze e preoccuparsi solo del profitto. È questa la visione di Ramin Bahrami, pianista di fama internazionale che martedì 21 novembre alle 21 si esibirà al teatro Alle Vigne di Lodi nelle variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach. Un concerto benefico promosso dalla Fondazione Comunitaria della provincia di Lodi per raccogliere fondi a favore di Casa San Giuseppe, gestita dalla Caritas di Lodi (biglietti ancora disponibili, info sul sito www.fondazionelodi.org).
Partecipa spessi agli eventi benefici?
«Promuovere un concerto di beneficenza è una cosa stupenda, perché io penso che la risposta alla crisi contemporanea sia nell’armonia, nell’accoglienza e nell’amore. Tutti elementi che stiamo perdendo, dando troppo spazio a questa economia sporca, che è alla radice di tutti i conflitti che stiamo vivendo in Oriente e in Occidente e di tutti i guai che ha l’uomo oggigiorno».
«Dove posso, voglio portare il verbo affascinante di Johann Sebastian Bach, che si basa proprio sul valorizzare le differenze»
Secondo lei quale sarebbe il problema principale?
«Abbiamo dimenticato la capacità di ascolto, di cui Claudio Abbado mi parlò prima di morire. L’idea del maestro Abbado era che l’elemento più importante - non solo nella musica ma anche nella vita - fosse l’accoglienza, che fosse l’ascolto».
Mi sembra entusiasta dell’esibizione a Lodi...
«Mi piacciono attività come il concerto della Fondazione Comunitaria di Lodi, che le fa onore. Ho accettato di partecipare perché, dove posso, voglio portare il verbo affascinante di Johann Sebastian Bach, che si basa proprio sul valorizzare le differenze».
Che nel mondo non vengono accettate…
«Perciò noi adesso abbiamo tutti questi problemi. Guardi cosa sta succedendo nel mio Medio Oriente e nei paesi slavi, solo perché c’è una politica malsana dietro tutto questo, una politica corrotta. Abbiamo sostituto l’intelligenza umana con l’intelligenza artificiale».
L’arte può aiutare ad evitare il peggio?
«La presenza degli artisti, che sono uomini e donne liberi, è estremamente importante perché è l’unico modo per tenersi saldi al valore umano. L’accoglienza, l’ascolto e la cultura sono la risposta ai problemi che stiamo vivendo».
«Sono stato in prima linea a difendere le ragioni delle mie sorelle iraniane e devo dire che anche in Italia c’è stata una partecipazione popolare interessante»
Lei si è schierato da sempre a fianco delle donne iraniane che rivendicano i loro diritti.
«Sono stato in prima linea a difendere le ragioni delle mie sorelle iraniane e devo dire che anche in Italia c’è stata una partecipazione popolare molto interessante. Peccato che tagliarsi le ciocche dei capelli o urlare slogan non basti, quando la politica europea non ha mosso un dito».
In che senso?
«È incredibile osservare come di fronte a qualsiasi crisi, in Ucraina o adesso in Medio Oriente e in Israele, l’Europa si muova, ma non ci sia stata una partecipazione di fronte alle morti iraniane. Per le morti di queste persone indoeuropee, della gente che è all’origine della cultura dell’Europa, l’Occidente non ha fatto niente. Da uomo di cultura questo mi indigna molto!».
Lei ha già sofferto tanto nel suo Paese, l’Iran, poi ha visto il conflitto in Ucraina e adesso anche in Israele si combatte. Qual è la sua reazione?
«Mi fa molto spavento ogni volta che da qualche parte nel mondo si arriva a una guerra per interessi economici».
Come valuta l’assegnazione del premio Nobel per la pace a Narges Mohammadi, attivista iraniana e vicepresidente del Centro per la difesa dei Diritti Umani, che dal 2016 è prigioniera nel suo Paese?
«Sono piccoli gesti: dare un premio Nobel, come tagliarsi le ciocche dei capelli. Se c’è tutta la politica di Bruxelles corrotta non si va da nessuna parte. Oramai l’economia ha preso il posto di Dio, della religione cristiana. Ormai basta che paghi e diventi un santo. Come artista io ho una missione di salvezza, perché siamo gli ultimi fari rimasti, che fanno musica di trecento anni fa e la produciamo con le nostre dita e non con l’intelligenza artificiale».
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