Oli e bolino, Cotugno “in vetrina”

Per chi ha seguito nel tempo la pittura di Teodoro Cotugno, la mostra La poetica del paesaggio aperta sabato allo spazio Bipielle Arte con un pubblico numerosissimo, chiarisce le ragioni che hanno spinto il curatore Tino Gipponi a proporre questa personale dell’artista di Salerano sul Lambro; e spiegano la scelta di circoscrivere l’ambito dei 33 dipinti agli ultimi quattro anni. È infatti in questo arco temporale che la pittura di Cotugno ha reso visibili i risultati di quel processo di maturazione se non proprio di rinnovamento del linguaggio, e ferma restando la sua attitudine contemplativa davanti alla realtà, che si coglie lungo tutta la prima sezione della mostra. La seconda, con 47 fogli di grafica incisi dagli anni Ottanta a oggi, può solo ribadire il noto valore del Cotugno acquafortista, secondo il curatore tra i più validi in ambito nazionale, mostrando semmai i mutamenti dal suo segno che da “vermicolare” si è fatto spezzato e ancor più sottilmente vibrante, in composizioni dove la ricerca delle mutevolezze della luce e delle ombre, del soffio dell’aria tra i rami o sulle acque, procede di pari passo con la capacità di cogliere nel circostante la poesia. Ad accogliere il pubblico è un allestimento che ha privilegiato il levare al porre, la selezione alla quantità, il respiro degli spazi all’assiepamento che uccide qualsiasi mostra; e brani di silenzio creati dai ritmi incontrano il silenzio che invade la pittura nei cascinali delle campagne e nel fiume, nei giardini rigogliosi dell’estate e nei balconi fioriti: il paesaggio. Questo il mondo di Cotugno che su di esso mantiene lo stesso sguardo incantato, legato soprattutto alla nozione di quiete, che ha contraddistinto il genere prima dell’avvento della concitazione degli scorci urbani, della natura come luogo di ansia e tensione. L’insidia della riproduzione convenzionale e pittoresca è sempre un po’ incombente quando lo sguardo indugia quieto sui luoghi, e a rendere possibile il riscatto sono solo i valori della pittura: in questa consapevolezza Cotugno ha percorso il cammino di innovazione tecnica visibile nella mostra, lavorando soprattutto sul colore. Dal colore in funzione della raffigurazione, ai più densi impasti cromatici distesi per tocchi avvicinati o sovrapposti in fitti e variati passaggi; colore più fragrante che costruisce anziché riempire per dare consistenza al dipinto, allontanando dalle stereotipi di ricerca degli effetti. È sempre il pittore che conosciamo, quello presentato allo spazio Bipielle, lo spirito romantico e sensibile che si incanta davanti alla bellezza e tenta di restituirla. E l’intento della mostra non è quello di presentare clamorose metamorfosi, ma di riconoscere il progresso ottenuto da un artista serio quando doti, costanza e passione, sorretti dall’umiltà che dà chiarezza agli obiettivi, si fondono nella pittura..

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