Pazzaia: quando le opere d’arte raccontano le pestilenze

Nel suo libro (pubblicato da Pmp) il docente raccoglie lo spunto offerto dall’attualità

Il nostro tempo dilaniato dalla pandemia: un dramma che si ripete. È questo il primo messaggio lanciato dal professor Walter Pazzaia nel suo libro “L’arte delle pestilenze”, recentissimo volume delle edizioni PMP, che si propone fresco di stampa in 92 pagine, la maggioranza delle quali affidate al linguaggio delle immagini. L’architetto sangiulianese, docente di storia dell’arte al liceo classico “Pietro Verri” di Lodi, si è fatto conoscere in città come prolifico relatore di incontri d’arte a carattere divulgativo: proprio l’oggetto di una di queste conferenze è stato approfondito in questa pubblicazione, che ha il merito di calarsi nella viva attualità. Pazzaia ha scelto venti opere d’arte, dipinti o sculture che hanno raccontato nel tempo la vicenda delle epidemie; e le ha proposte in una galleria che non segue criteri di cronologie, di luogo, di artisti, e neppure di valore, accostando ad autori noti altri meno significativi o anche traduttori di ingenua devozione popolare. Preponderante, nella trattazione di Pazzaia, non è il discorso stilistico o il giudizio di valore: a interessarlo è innanzitutto il racconto, la lettura descrittivo/narrativa dell’immagine, insieme a quella dei vissuti che connotano i fatti rappresentati.

«Elemento ricorrente, in queste opere riferite perlopiù alle lunghe stagioni delle pestilenze subite come punizione divina, e per le quali la scienza non sapeva offrire rimedi, è la presenza del sacro, il divino al quale rivolgersi... Figure di Santi intercessori in preghiera si alternano a quelle degli Angeli, della Vergine o dell’Onnipotente alle quali guarda l’umanità colpita dal flagello, in scene di carri di appestati, di moribondi protagonisti sulla pubblica via di toccanti episodi coinvolgenti la sfera degli affetti. Scene che richiamano indimenticabili pagine manzoniane». Sono le parole tratte dalla prefazione della giornalista Marina Arensi che osserva come, nelle scene raffigurate, l’osservatore possa riconoscere similitudini con le situazioni attualmente vissute, dalla paura, all’isolamento, alle ricadute economiche e sociali e ai comportamenti delle masse. Nella nitida impaginazione del volume, ad anticipare l’immagine di ogni opera è l’ingrandimento di un particolare; poi il commento di Pazzaia accompagna alla sua lettura, con l’andamento colloquiale che si fa cifra espressiva. La panoramica muove dalla trecentesca scultura in legno di un “San Rocco”, protettore degli appestati; incontra la peste del 1630, quella detta “di San Carlo” nel 1576 a Milano o l’altra del 1656 a Napoli, i medioevali “Trionfi della morte”, oltre ad allegorie o raffigurazioni chiamando, tra altri, autori come Böcklin, Tiepolo, Poussin, Delacroix, David e Guido Reni a costruire questa originale ricognizione.

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