Napoli, livida, scura, lontana dal mare. Fatta di palazzi di vetro e popolata da anime disperate. Come quella dell’avvocato Perez, legale d’ufficio in forza al tribunale di questa città che è stato costruito proprio nel cuore del Centro Direzionale, l’agglomerato che avrebbe dovuto portare tutti quanti nel futuro e che invece è rimasto a ricordare per sempre la distanza tra questo luogo e il resto del mondo. Napoli è senza dubbio “l’altra” protagonista di Perez, il film di Edoardo De Angelis che arriva nelle sale dopo la buona accoglienza alla Mostra del cinema di Venezia. E fin dalla prima inquadratura si capisce che la città non sarà un semplice “sfondo” e che, così come la vedrete, non sarà quella dell’iconografia classica. Così come i personaggi che, in questo film, a questa città assomigliano: gelidi, assenti, condannati a un destino tragico. OGXawWg9hKQ
Perez, semplicemente così ha intitolato il suo secondo film De Angelis (rivelatosi con Mozzarella Stories), come il nome del suo protagonista, un uomo che sta correndo contro un muro a folle velocità e non ha la forza per fermarsi. È un avvocato d’ufficio in servizio al Palazzo di giustizia di Napoli, nel cuore di quel Centro Direzionale che fa apparire questa città come una metropoli sbagliata, asimmetrica, proiettata inutilmente verso l’alto. Proprio come l’avvocato Perez (interpretato da Luca Zingaretti) che si trascina da qualche parte, passivo, in lotta innanzitutto con se stesso: ha una figlia che si è fidanzata con un giovane camorrista e all’improvviso, tra una causa persa e l’altra, gli capita di difendere proprio un potente boss che vuole pentirsi. Non ha altro, non ha coraggio e non ha speranza, gli resta solo l’amico Merolla (l’attore di Vizzolo Gianpaolo Fabrizio impegnato nel suo ruolo più complesso, una parte dolorosa da cui esce con le doti del grande caratterista) al fianco del quale affronterà una storia che procede a spirale verso il basso, verso il dramma.
Perez è un noir anomalo che conferma il talento e la personalità del suo giovane regista. Un film in cui ribadire la passione per il cinema di genere, anche se qui è evidente la ricerca e la necessità di fare un passo in avanti, di raccontare altro, rispetto all’opera d’esordio. Modificando registro De Angelis racconta quindi una storia sulle scelte, giuste e sbagliate, sulle opportunità e sugli errori commessi per troppo (o troppo poco) amore, in una Napoli livida e buia che come detto è assoluta protagonista. Vista di traverso, riflessa nel cuore freddo degli uffici o nella campagna delle bufale e delle stalle mantenute da lavoranti indiani. De Angelis fa scelte non consuete per il cinema di casa nostra, e già questo rappresenta un motivo di interesse. Racconta una vicenda di malavita ma non prende la strada del “romanzo criminale”, bensì quella di una vicenda familiare che ha la sua forza nei personaggi. Il padre debole di Zingaretti, il camorrista sfrontato di Marco D’Amore, la dolorosa figura dell’avvocato Merolla di Gianpaolo Fabrizio, con un destino segnato e un tratto grottesco dettato dalla disperazione. A qualcuno di loro sarà forse data quella seconda possibilità che alla città non sembra ancora concessa.
Napoli, livida, scura, lontana dal mare. Fatta di palazzi di vetro e popolata da anime disperate. Come quella dell’avvocato Perez...
© RIPRODUZIONE RISERVATA