È un romanzo tragico quello della strage di piazza Fontana, il romanzo dell’Italia che dal 12 dicembre del 1969 arriva fino a noi, con i suoi colpevoli mancati, le verità sussurrate e nascoste, le trame, i processi infiniti e le prove ancora da trovare. Rubando invettiva e parole a Pasolini Marco Tullio Giordana con il suo nuovo film scrive il romanzo di un Paese intero e, partendo da quella strage, racconta come e quando questo ha perso l’innocenza, in un pomeriggio già buio d’inverno di quarant’anni fa, quando una voragine si è aperta nel cuore di Milano e della nazione. Cancellando in un colpo un’epoca per inaugurarne un’altra, che ha trovato via via titoli e protagonisti diversi, tutti ugualmente tragici e azzeccati
Piazza Fontana dunque, ma non solo. Piazza Fontana snodo critico di tutta quanta la nostra storia recente, ancora da decifrare: questo è il Romanzo di una strage di Giordana, un film “civile” e complesso in cui passano davanti agli occhi dello spettatore i volti, i nomi, quegli stessi che Pasolini «conosceva» e che ora il regista con fatica mette insieme, uno a uno, tentando di dare forma a un puzzle che né i tribunali né i libri di storia hanno mai completato. L’obiettivo non è di sostituirsi a questi ma di restituire il senso di una verità che esiste - sostiene il regista - oltre quella stabilita nelle sedi giudiziarie (cinque i processi, con l’ultima sentenza della Corte di Cassazione che ha riconosciuto i protagonisti della pista nera colpevoli “ma non più giudicabili” come ricordato nei titoli di coda). E di stabilire in qualche maniera, un collegamento tra quella strage e tutti o quasi i gli avvenimenti principali della nostra storia recente, fino a “suggerire” legami fino alla soglia dell’attualità.
Un romanzo per immagini e parole, che si basa sul lavoro fatto con gli sceneggiatori Rulli e Petraglia, e che si preoccupa di mettere insieme il più possibile, e in maniera più possibile puntuale, con i fatti, le date, i nomi sottolineati, a rischio persino di risultare didascalico. Giordana divide anche il film in capitoli, per rendere più leggibile la vicenda, parte dagli scontri di piazza del novembre 1969, dalla morte dell’agente Annarumma, raccoglie gli episodi e li dispone cronologicamente. L’autunno caldo, i depistaggi: consapevole dell’impossibilità di poter mettere tutti d’accordo, i parenti delle vittime e quanti hanno ancora un ricordo diretto di quella stagione vicina, avanza anche tesi che sono contestabili (come è puntualmente avvenuto dopo le prime proiezioni). Però poi ricorda che il cinema non è cronaca giornalistica e quindi procede per elisione, seguendo con la scrittura strade che non sono quelle della cronaca. E forse è proprio su questo punto che Giordana avrebbe potuto azzardare di più, trovando un coraggio stilistico in grado di caratterizzare maggiormente il film.
Aiutato dalle ottime interpretazioni degli attori (Calabresi-Mastandrea e Pinelli-Favino innanzitutto, ma hanno volti credibili tutti i caratteri che in una storia così non possono essere considerati “di contorno”), a tratti sembra privilegiare una ricostruzione più puntata sul lato umano, quando ad esempio racconta il Calabresi privato o quando disegna un Aldo Moro (Fabrizio Gifuni) quasi metafisico, tormentato, sulla cui figura si allunga tragico e anticipatore “il romanzo della Storia”. E questa è senz’altro la parte più riuscita del film, che sfugge al rigido schematismo della ricostruzione. È il romanzo di una strage e di una nazione e, soprattutto, di una città: Milano, ben raccontata, con i circoli anarchici e i funerali con un milione di persone in piazza Duomo e nessuna insegna di partito. Con i nomi e i volti dei questori del tempo, dei tassisti, dei giornalisti, con gli sguardi intercettati anche nelle poche immagini d’archivio montate. Con il più possibile l’atmosfera del finire degli anni Sessanta in una città che diventa protagonista, anche involontaria. In quel clima in cui, Montanelli aveva scritto, prevaleva il “contagio della violenza.
PRIMA VISIONE - È un romanzo tragico quello della strage di piazza Fontana, il romanzo dell’Italia che dal 14 dicembre del 1969 arriva fino a noi, con i suoi colpevoli mancati...
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