Piccioni si racconta: il “Doc” tra il virus e la sua seconda vita
Il medico che ha ispirato la fiction dei record intervistato da Lorenzo Rinaldi a Sant’Angelo
Un viaggio a tutto tondo, tra l’attualità e il passato. Ovvero quei 12 anni di “buco” nella memoria dopo un incidente, diventata prima un romanzo poi la fiction Rai “Doc” da milioni di telespettatori, dove i panni del dottor Pierdante Piccioni sono vestiti dall’attore Luca Argentero. Ospite ieri sera della rassegna letteraria del Comune di Sant’Angelo, in un’intervista a 360 gradi con il direttore de “Il Cittadino” Lorenzo Rinaldi, l’ex primario del pronto soccorso di Lodi Pierdante Piccioni, oggi impegnato nella lotta al Covid. Inedita la formula – online per ovviare alle limitazioni della pandemia, sul canale Youtube del Comune - , per il medico-scrittore è la terza volta in città. Accolto dall’assessore alla cultura Luisella Pellegrini, pungolato dalle tante domande del direttore Rinaldi, Piccioni – che si è definito «santangiolino d’adozione» - non si è tirato indietro. Ma come ha vissuto il vero Doc a vedersi sullo schermo? «Al lavoro di medico e di scrittore, ho aggiunto anche quello di sceneggiatore, divertendomi come un matto, ma mi seduto di fronte alla tv con ritrosia – ha raccontato – : per quanto la storia fosse ripresa dal vero, ci sono dei distinguo. Nella composizione della famiglia, nella presenza di un’amante – al momento, chiarisco, non si è fatto avanti nessuno – e volevo capire come era stati trasmessi dei concetti. Nessuno aveva previsto che la fiction andasse in onda durante il lockdown, ma i messaggi chiavi sono passati e devo ringraziare Argentero perché ha saputo far capire cosa significhi, in termini di disabilità, avere 12 anni in meno di memoria. E poi com’è, per un medico, diventare paziente e dare speranza, attraverso l’empatia e l’ascolto dell’altro». La serata è stata occasione per ripercorrere gli ultimi drammatici mesi della lotta al Covid, segnati anche dall’assenza di contatto. «È vero che gli occhi sono lo specchio dell’anima, ma senza potersi abbracciare e toccare è dura – ha specificato Piccioni - : tutti i soldi spesi per i presidi da dare al familiare di un paziente perché possa proteggersi e vederlo, non sono buttati via. Perché il contatto fa guarire prima e meglio». Oggi all’orizzonte c’è la sfida del vaccino - «io mi sono già candidato» - e non sono mancati gli strali ai negazionisti - «a questi signori dico di venire un’ora in terapia intensiva o al pronto soccorso» - , ma cosa ha scoperto Piccioni guardandosi allo specchio in “Doc”? «Argentero, ovvero Fanti, si è messo in disparte, in ascolto. E quello che ho imparato da lui è quanto poco ascoltiamo noi medici. Un aspetto che dobbiamo recuperare». Nei mille impegni tra set e professione, Piccioni ha trovato anche il tempo di cimentarsi anche nel giallo “Colpevole d’amnesia” edito per Mondadori e firmato con Pierangelo Sapegno. In cui il dottor Amnesia – lo stesso Piccioni, con i suo bagaglio di 12 anni di buco nei ricordi– è il principale indagato di un duplice omicidio. «Un gioco letterario, per capire se c’è una medicina personalizzata che cura quello che mi è successo, può esistere una giustizia personalizzata? Il fatto amnesico è un’attenuante?».
© RIPRODUZIONE RISERVATA