Si può sorridere anche dalla cima di un cumulo di rifiuti. Anche se sei solo un bambino e il mondo tutto attorno sembra fare di tutto per farti del male. Sorridono anche se sono figli di una favela Rafael, Gardo e Gabriel, perché l’avventura che stanno per affrontare sembra pericolosa, ma loro sono dalla parte della ragione, e questo basta e avanza per andare in cerca di giustizia e di una ricompensa che dovrebbe sempre spettare a chi non fa del male. E non sono certo loro i “cattivi” in questo angolo dimenticato di Rio, dove i bambini sono costretti a rovistare nell’immondizia per sopravvivere. Trash, rifiuti appunto. In cui si nascondono però “tesori” di speranza.
Stephen Daldry è un regista che è stato capace di arrivare dove pochi altri sono riusciti: praticamente ogni suo film ha conquistato una nomination per l’Oscar, e certo non per un fatto casuale. È accaduto per Billy Elliot, per The Hours, ancora per The Reader e per Molto forte, incredibilmente vicino. Questo significa che le sue scelte sono precise e anche riconoscibili, al momento delle riprese e ancora prima nella fase di scelta di un progetto (di solito tratto da un testo letterario). Accade così anche per questo suo nuovo film, trasposizione sullo schermo dell’omonimo romanzo di Andy Mulligan. Una legge non scritta del cinema consiglia agli attori di non recitare al fianco di animali o bambini, perché difficile si rivela il confronto, specie quando questi sono bravi. Difficilissimo è anche in questo caso perché bravissimi sono i tre protagonisti che infatti il regista fa praticamente recitare sempre da soli, in opposizione a un mondo di adulti corrotto e violento. Quella di Rafael, Gardo e Gabriel detto Rato è una favola certo non ordinaria, perché prende le mosse da un’enorme discarica nel cuore di una favela, ma ha uno sviluppo che segue quella forma narrativa. Procede senza strappi passando dal romanzo di formazione all’action movie, seguendo una trama che prende le mosse dal ritrovamento di un portafogli che contiene più di un mistero. Una vicenda che pur ambientata nel cuore del Brasile ha un’impronta assolutamente occidentale (come era per l’India di The millionaire di Danny Boyle). La corsa dei tre ragazzi diventa quindi una sorta di caccia al tesoro che i “cattivi” non rendono mai troppo pericolosa e che comunque ha uno sviluppo sempre avvincente e appassionante. A patto di voler sorvolare su un buon numero di luoghi comuni che comunque non rovinano la sorpresa finale.
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