Pose

SIAMO SERIAL: continua il nostro viaggio nell’universo delle serie tv

A prima vista colpisce la patina glamour del prodotto: l’abbigliamento coloratissimo e stravagante dei protagonisti, le barocche sfide nelle luccicanti “ballroom” di New York. Ma “Pose”, la serie statunitense sbarcata in Italia grazie a Netflix, va decisamente oltre l’apparente leggerezza: i 18 episodi, divisi in due stagioni, affrontano temi delicati e attualissimi come la discriminazione, il razzismo, l’omofobia, l’Aids, la ricerca della propria identità. Creata da Ryan Murphy, “Pose” catapulta lo spettatore nella Grande Mela di fine anni Ottanta e ricostruisce l’epoca d’oro della cosiddetta “ball culture” entrando nel mondo Lgbtq afroamericano e ispanico del periodo. Un microcosmo chiuso in sé stesso, in parte volutamente e in parte forzatamente, mentre nel resto della “city” si imponevano gli eccessi dello yuppismo rampante. La serie fotografa una realtà pressoché sconosciuta in Italia: al centro ci sono le ballroom, sfavillanti gare a tema in cui si sfidano a passi di danza e di “pose” (letto all’italiana) i componenti delle varie “case” che costituiscono la comunità. Ogni casa è diretta da una “madre” che si incarica di accogliere e dare supporto e amore a giovani marginalizzati dalla società, in cambio della partecipazione alle sfilate. L’edonismo, la superficialità e il divertimento delle ballroom (entrate nella cultura di massa nel 1990 grazie all’uscita di “Vogue” di Madonna) si contrappongono alle lotte quotidiane delle “case”, famiglie non tradizionali composte da persone non conformi, invisibili e spesso cacciati dalla propria famiglia di origine. La protagonista è la carismatica e dolce Blanca Evangelista, interpretata dall’attrice Mj Rodriguez, fondatrice di una propria “house” dove trovano protezione la fragile e ammaliante Angel, aspirante modella, il ballerino Damon e altri giovani senza fissa dimora. Grazie a un cast inclusivo (“Pose” è la serie con il maggior numero di attori transessuali e queer nella storia) e di alto spessore artistico (una menzione speciale spetta a Billy Porter nei panni di Pray Tell), a una scrittura impeccabile che alterna sapientemente leggerezza e profondità, i 18 episodi sono già diventati un cult tra pubblico e critica. “Pose” fotografa un mondo in bilico tra speranze e sofferenze, affronta temi scomodi senza mai scadere nella retorica, come il dramma dell’Aids che a fine anni Ottanta colpì tragicamente la comunità Lgbtq. Ma parla soprattutto della ricerca del proprio posto nel mondo, di riscatto e dell’importanza degli affetti autentici. Anche se non convenzionalmente accettati.

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