A Lodi il personaggio di Melville con il volto di Pennac
Annalisa Degradi
Daniel Pennac, autore di romanzi di successo (la “saga” di Benjamin Malaussène) e di un celebre libro sulla lettura (Come un romanzo), si presenta nella veste per lui inusuale dell’attore per leggere in scena un famoso racconto di Melville, Bartleby lo scrivano, in scena giovedì sera al teatro alle Vigne per la stagione di Prosa 2. Pennac ha confessato di aver amato il personaggio di Bartleby da sempre: «Non ricordo nemmeno più quando ho letto Bartleby di Melville per la prima volta -ha detto lo scrittore -; i miei più vecchi amici affermano che gliene parlo da sempre. Bartleby e il suo datore di lavoro mi appassionano. Il primo per il suo rifiuto di giocare il gioco degli uomini, il
Daniel Pennac
secondo per l’inutile accanimento a voler comprendere questo rifiuto, l’uno e l’altro attraverso lo sconcertante e bizzarro confronto di due solitudini». Così Pennac ha deciso di farlo conoscere meglio e amare anche da un pubblico più vasto attraverso questa lettura-spettacolo, (in francese, con sovra titoli) diretta da François Duval e creata per il parigino Théâtre de la Pépinière, poi approdata dapprima a Roma e ora, per tre repliche soltanto, a Milano, al teatro Franco Parenti, prima di arrivare a Lodi. Bartleby lo scrivano – Una storia di Wall Street è il racconto più celebre dello scrittore statunitense, inizialmente pubblicato anonimo nel 1853 sulla rivista «Putnam’s Magazine» per poi essere successivamente inserito nella raccolta The Piazza Tales nel 1856; è considerato un precursore dell’esistenzialismo e della letteratura dell’assurdo e anticipa alcuni temi tipicamente kafkiani. Quello che viene ricostruito attraverso il testo di Melville è l’enigma di una personalità in apparenza insignificante, quella di un semplice impiegatuccio, assunto in uno studio notarile con l’umile mansione del copista, finché un giorno decide di non eseguire più nessuna delle richieste che gli vengono rivolte, a tutte rispondendo con l’educata, ma inflessibile formula «Preferirei di no». Bartleby rifiuta di correggere le copie dei documenti che gli vengono affidati, rifiuta di svolgere qualsiasi mansione, rifiuta persino di copiare; quando viene cacciato, rifiuta di andarsene, e, fatto sgomberare con la forza e infine incarcerato per vagabondaggio, rifiuta di mangiare. Nel Bartleby proposto da Pennac affiora un aspetto comico, che l’autore francese cerca di restituire e di enfatizzare, mettendo l’accento sull’ostinazione dello scrivano e sullo sconcerto del padrone. Poi, però, man mano che la fatidica battuta «I prefer not to» si ripete, ci si persuade che il piccolo impiegato sta chiudendo tutte le porte, senza lasciare alcun varco tra sé e gli altri. A questo punto il personaggio acquista una dimensione persino tragica: ciò che inquieta maggiormente è che egli rifiuta categoricamente di fornire una spiegazione del suo comportamento al notaio che, ossessivamente, cerca di decifrarne l’enigma, e in definitiva anche al lettore, che resta smarrito davanti alla mancata soluzione.