Cultura
Martedì 21 Febbraio 2012
Quelle vite scolpite nella pietra
I drammi delle vittime stroncate dal nazifascismo
La pietra è da sempre simbolo di memoria imperitura: le grandi civiltà hanno inciso nella pietra la memoria di eventi ritenuti degni di essere tramandati ai posteri. Alla “memoria di pietra” è dedicato il libro di Gennaro Carbone, pubblicato nella serie dei “Quaderni” dell’Ilsreco (Istituto lodigiano per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea): un volume fotografico e documentario in cui l’autore ha raccolto una panoramica completa dei monumenti, cippi e lapidi dedicati alla memoria dei lodigiani caduti vittime della violenza nazifascista durante la Resistenza. Per la sua meticolosa ricerca l’autore si è avvalso di materiale d’archivio e anche di materiale inedito che gli ha permesso di redigere le schede biografiche di ogni persona il cui nome è inciso sulle lapidi fotografate: le schede, a volte scarne, a volte ampie, forniscono elementi utili a capire, al di là del nome e cognome, qualcosa della vita e della morte di questi uomini e donne per i quali, come afferma Ercole Ongaro nell’introduzione, «la libertà è rimasta un sogno e non è diventata realtà». Attraverso le informazioni raccolte da Carbone per la sua “anagrafe” dei resistenti lodigiani si apprendono particolari inediti sulla morte di alcuni dei lodigiani caduti sotto la violenza del nazifascismo: come per esempio sui due militari della Divisione “Acqui”, Luigi Quintini e Paolo Peviani, morti in un naufragio nel mare Egeo, a bordo di una nave che stava trasportando per deportarli in Germania circa 4mila soldati italiani prigionieri dei tedeschi. O il caso di Clementina Tosi, la donna di San Colombano arrestata a Trieste (dove si era trasferita con il marito) dai tedeschi nell’aprile del ’44; di lei si erano perse le tracce; ma l’ipotesi più verosimile, per quanto inquietante, è che sia stata portata nella Risiera di San Sabba, e lì fucilata e bruciata nel crematorio, insieme agli altri deportati. O ancora, la storia dell’anarchico Pietro Bruzzi di Maleo, che, dopo una vita avventurosa che lo aveva portato in giro per tutta l’Europa (fu tra i dirigenti del sindacalismo anarchico francese, poi in Spagna, e quindi al confino a Ponza per cinque anni), entrò nella Resistenza organizzando un foglio clandestino. Catturato a Melegnano dai nazifascisti, venne torturato e fucilato a San Vittore Olona. E così, ognuno degli oltre quattrocento nomi che sfilano nell’indice alla fine del volume, riacquista vita nella memoria di chi deve essere consapevole che «al loro sacrificio - conclude Ongaro - dobbiamo la pace e la libertà che essi non hanno goduto e che per noi invece sono state fondamento della nostra vita».
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G. CARBONE, Memoria di pietra, Quaderni Ilsreco, n. 27 - dicembre 2011, pp. 262, s.i.p.
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