Fusilli alla banana, pasticci in crosta ripieni di vermicelli di soia, pesce e mozzarella, spaghetti all’aglio e olio con l’aggiunta di gamberetti liofilizzati: sono alcune fra le “Ricette scorrette” raccolte da Andrea Perin nel suo ultimo libro (pubblicato nel 2009 da Elèuthera), presentato sabato sera alla Casa del popolo di fronte a una cinquantina di appassionati gastronomi. Un incontro amichevole e poco formale, che ha coinvolto, accanto all’autore, anche Ahoua e le altre cuoche impegnate nella preparazione della “cena meticcia” servita a inizio serata agli ospiti dell’associazione culturale. In menù: involtini di pasta brique dal ripieno italo-cino-tunisino, lenticchie con banane per i vegetariani, bocconcini di manzo con peperoni e zucchine per i carnivori, delizia alla crema con fragole come dessert. Fedeli allo spirito del libro, le cuoche della Casa del popolo non si sono attenute alle ricette, ma hanno aggiunto agli ingredienti prescritti altri sapori e adottato diversi procedimenti. Una scelta particolarmente apprezzata da Perin, sia dal punto di vista prettamente culinario che da quello teorico: «In cucina si pensa sempre che esista un modo unico di fare le cose, eppure sono sicuro che se chiedessi a voi lodigiani la ricetta della trippa, tornerei a casa con quaranta versioni diverse. Questo perché l’identità di un popolo, che si costruisce anche e soprattutto sulle sue abitudini alimentari, è un fattore in movimento, che cambia assieme alle persone che se ne fanno portatrici. Negli ultimi anni in Italia sono arrivate persone provenienti da molti paesi diversi e il loro primo punto di contatto sta proprio nella cucina, che è uno spazio privilegiato in cui le culture si confrontano e si amalgamano. In fondo questo libro è solo una scusa per sottolineare ancora una volta come l’immigrazione sia una risorsa in grado di ampliare le possibilità di evoluzione della nostra vita, a cominciare proprio dalla cucina». Certo, di fronte a un piatto di cous cous con tortellini, è lecito rimanere interdetti, ma come dice Perin facendo suo l’insegnamento degli antichi sofisti, «Il sapore è sapere, e i concetti di “buono” e “cattivo” non sono qualcosa di innato, ma dipendono dall’abitudine». Abitudini che, grazie all’ingresso nei nostri supermercati di ingredienti esotici e fino a pochi anni fa del tutto ignoti ai consumatori italiani, stanno gradatamente cambiando, alla faccia di chi ancora si prende la briga di depositare presso la camera di commercio la ricetta originale del pesto.
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