Cultura
Martedì 11 Giugno 2013
Sguardo sull’ambiente che cambia
Una collettiva giovane non solo per l’età della curatrice e dei dieci autori, ma per l’adesione convinta al tema che accomuna le circa trenta opere
rebus naturae
Codogno, Ospedale Soave. Orari: sabato e domenica 10-12,30 e 15,30-18,30 (in settimana appuntamento). Info 3381266063- 32
Una folla di giovani all’inaugurazione di una mostra. Un fatto inusuale, ma che per la collettiva Rebus naturae aperta sabato all’Ospedale Soave di Codogno costituisce invece il più incoraggiante dato di riscontro, in controtendenza con quanto accade abitualmente almeno in ambito locale.
Sarà da verificare se il tipo di affluenza si confermerà dopo l’apertura, se il messaggio sparso nelle sale settecentesche del vecchio ospedale continuerà a mantenere la sua attrattiva. Così dovrebbe essere, perché quella curata da Maria Chiara Cardini, responsabile della Galleria San Fedele di Milano e membro dell’Associazione codognese Scirocco organizzatrice con lei dell’iniziativa, è una mostra giovane non solo per l’età della curatrice e dei dieci autori, ma per l’adesione convinta al tema che percorre le circa trenta opere, riflettendo sull’ambiente nell’attuale scenario che non consente ottimistiche previsioni. E giovani sono i linguaggi e i codici espressivi che si susseguono nell’allestimento di ampio respiro consentito dagli spazi, con pittura, grafica, fotografia e installazioni percorse da idee e concettualità.
È noto che la posizione riflessiva e critica intorno alle incertezze dell’uomo scosso da mutamenti epocali è un dato comune alle ricerche dei giovani autori; e, complice la forza appassionata degli ideali, non di rado prevalente nell’argomentazione teorica rispetto alla leggibilità nelle opere. Ma nella mostra presentata dall’assessore alla cultura del Comune di Codogno, Mario Zafferri, e del professor Luca Canova dell’Università di Pavia che firma il testo del catalogo digitale, a prevalere sono i toni misurati, la rarefazione silenziosa delle immagini che senza enfasi raccontano lo sguardo dell’arte su una trasformazione in atto: per quanto riguarda il Lodigiano già duemila anni fa, sottolinea Canova, quando Polibio raccontava del declino delle “silvae glandariae”, le foreste di querce. Nel cuore di questa discussione si inserisce la grande installazione di Luca Armigero, Nico Galmozzi e Stefano Gerardi che nella sala centrale riuniscono materiali, fotografie, pittura e un’incisione all’acquaforte.
Convincente, nella sobrietà comunicativa, la serie fotografica Zenit di Fabrizio Gaggini che punta l’obiettivo sui cieli di Roma e in quattro quadrati di colore identificati dalle coordinate geografiche invita a rivolgere verso l’alto i nostri sguardi offuscati dalla fretta e dall’inquinamento visivo.
Quindi i dipinti di Paolo Monico in arte Edgar, le narrazioni di tono illustrativo di Miriam Mosetti e di Sabrina Inzaghi, il collage fotografico di Andrea Rossetti, il Naviglio in legno di Francesco Arecco allusivo della possibile cooperazione tra uomo e natura, e le fotografie di Sara Magni con il ricordo della natura negli scorci dell’urbanizzazione che avanza, e alla quale i soggetti voltano le spalle.
Marina Arensi
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