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La distopia di “Fallout” dal videogioco alla tv

In un momento storico contrassegnato da conflitti che rischiano di minare gli equilibri geopolitici del pianeta paventando addirittura l’ipotesi di un’escalation nucleare, la distopia di Fallout - malgrado la sua grottesca concezione retrofuturista - non esclude un monito all’intera umanità. Efficace adattamento della saga videoludica (pollice in su come farebbe il disturbante “Vault-Boy”, mascotte del franchise), l’universo post-apocalittico della serie sviluppata da Jonathan Nolan (fratello di quel Christopher autore di “Oppheneimer”...)) rievoca l’estetica “atompunk” che verso la metà del ventesimo secolo riflettè l’isteria del maccartismo e le angosce statunitensi dinanzi alla presunta minaccia incombente di un armageddon atomico. Scenari che in questa sorta di road movie a cavallo tra lo sci-fi e il western (con venature horror) si manifestano in tutta la loro catastrofica portata attraverso una miscela esplosiva di umorismo dark e una buona dose di ultraviolenza che non lesina elementi splatter.

L’esiziale ricaduta radioattiva (“fall-out”) in seguito al lancio delle testate nucleari ha ammantato come una coltre il panorama californiano, epicentro della vicenda. Delle architetture in pieno stile populuxe, a 200 anni dall’olocausto del 2077, non restano che le carcasse sepolte dalle sabbie del tempo su cui aleggiano gli echi spettrali dei brani vintage deputati alla fantastica colonna sonora. Lande desolate dai richiami “madmaxiani” e infestate da aberrazioni di vario genere (bestie mutanti, zombie, predoni e cavalieri juggernaut) sono l’esatto contraltare del sottosuolo dove viene perpetuato l’apparente idillio di avveniristici rifugi antiatomici. Fra gli abitanti di tali caveau ecco l’eroina Lucy MacLean (Ella Purnell) che si lascerà alle spalle il mondo sotterraneo per partire alla ricerca del padre (nientemeno che Kyle MacLachlan, l’agente Cooper di Twin Peaks) scontrandosi con la brutalità della zona contaminata. In superficie buca lo schermo il pistolero bicentenario interpretato dal “real deal” della serie Walton Goggins. Il mitico sceriffo di Red Rock del tarantiniano “The Hateful Eight” veste i panni dello spietato cacciatore di taglie Cooper Howard: ex volto hollywoodiano della propaganda anticomunista che, trasfigurato e reso immortale da una mutazione necrotica per via delle radiazioni, incarna il macabro sfacelo del sogno americano. Proprio i flashback di quest’ultimo saranno fondamentali per far luce sulla caduta della civiltà le cui distorte vestigia, ora, si contendono una scoperta rivoluzionaria. Il risultato è una narrazione anti-utopica ma che muovendo una critica mordace ai sistemi plutocratici indaga agghiaccianti empietà etiche, a loro volta foriere di lugubri suggestioni.

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