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La miniserie Netflix su “Il caso Cantat”

Da rockstar ad assassino. Il titolo della docuserie coincide esattamente con la vita di Bertrand Cantat, il leader della rock band francese Noir Désir che nel 2003 fu arrestato per aver ucciso la sua compagna, l’attrice Marie Trintignant, deceduta in seguito a una violenta lite scoppiata in una stanza d’albergo a Vilnius, in Lituania, dove era impegnata nelle riprese di un film. La donna morì dopo alcuni giorni di coma in ospedale, a causa delle pesanti ferite riportate durante il pestaggio. Nel 2004 un tribunale lituano stabilì che il cantante dei Noir Désir era colpevole dell’assassinio di Marie Trintignant, condannandolo a otto anni di carcere. Ne scontò solamente quattro, uscendo con la condizionale per buona condotta, una decisione che scatenò forti polemiche e che gli permise di occuparsi nuovamente della sua carriera musicale. Cantat tornò a vivere con l’ex moglie Kristina Rady, la quale si uccise nel 2010, in seguito si scoprì che Kristina temeva per la propria vita perché sistematicamente picchiata dalla rockstar. La procura riaprì le indagini, chiudendole però con un non luogo a procedere.

Netflix decide di raccontare un femminicidio ancora ammantato di omertà, un caso che divise la Francia a metà: da una parte i fans, le case discografiche e l’opinione pubblica schierate con l’omicida, dall’altra coloro che si rifiutavano di credere che si trattasse di un “incidente”. Il merito di Da rockstar ad assassino è sicuramente quello di rendere giustizia alle due vittime, Trintignant e Rady. Tre episodi di quaranta minuti che non lasciano dubbi sull’accaduto e che non fanno sconti a un uomo violento e manipolatore, così come avrebbe dovuto essere anche all’epoca dei fatti. Invece, i media preferirono glorificare l’artista, considerandolo la vittima di un crimine “passionale”, mentre gli album della band incrementavano le vendite. In questa docuserie, anche la società che non vuole affrontare in maniera consapevole l’accaduto è da considerarsi colpevole.

Il racconto dei fatti, che avviene attraverso i filmati originali e interviste, sembra a tratti quasi surreale e incredibile, soprattutto gli estratti dell’interrogatorio filmato di Cantat, il quale minimizzò l’accaduto per poi essere smentito dall’autopsia: la verità è che massacrò di botte la sua compagna.

La giornalista Anne-Sophie Jahn, co-regista della docuserie, ha messo a punto il progetto con Nicolas Lartigue, affinché si aprisse un dibattito su come la società affronta i casi di femminicidio, ricordandoci che la voce delle vittime non può più essere ascoltata, mentre quella dei colpevoli spesso finisce per sovrastare tutto il resto. Tocca anche a noi fare in modo che ci sia giustizia.

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