Lei dice di essere stata stuprata. Lui afferma di aver trascorso una bellissima serata. È tra questi due opposti che si sviluppa “Non mentire”, serie tv del 2019 passata quasi in sordina all’epoca e oggi riproposta da Netflix, con la regia di Gianluca Maria Tavarelli (una garanzia, basti pensare a Il giovane Montalbano, Paolo Borsellino, Maria Montessori). Lei è Greta Scarano, lui Alessandro Preziosi, entrambi bravissimi nel non far trapelare chi dei due stia mentendo, al punto che entrambe le versioni sembrano plausibili allo spettatore. L’ambiguità della situazione è il perno iniziale della trama.
Per chi volesse saperne di più, ecco la storia: Laura è un’insegnante di Torino, ha appena messo la parola fine a una relazione con un poliziotto e un giorno accetta di uscire a cena con Andrea, un chirurgo affermato che già conosce perché è il padre di uno dei suoi studenti. La serata sembra essere perfetta, i due chiacchierano e si avverte una certa intesa. Solo che la mattina seguente mentre Andrea ammette con un collega di volerla rivedere, Laura lo denuncia per violenza sessuale. Che cosa è accaduto veramente? Non ci sono prove a sostegno di nessuna delle due versioni, da qui inizierà da una parte la battaglia di Laura per far sì che la polizia e le persone le credano e dall’altra la battaglia di Andrea per dimostrare la sua innocenza.
Il racconto si fa strada attraverso bugie, molti pregiudizi – di cui si sente parlare anche nei casi di cronaca – e colpi di scena. Sei episodi di circa 50 minuti, in cui la regia sta addosso ai due protagonisti quasi a voler scoprire la verità e la sceneggiatura non eccede mai in dialoghi lunghi o scontati. C’è qualche piccola “sbavatura”, legata per esempio ai personaggi di contorno, come la vita privata della sorella di Laura, ma nel complesso l’ingranaggio funziona.
La miniserie è il riadattamento di “Liar – L’amore bugiardo”, serie angloamericana che mostra la storia di una donna che non vuole più essere una vittima. Un po’ quello che succede a Laura, costretta inizialmente a sentirsi chiedere se ha davvero detto “no”, se per caso ha bevuto troppo, se ha spiegato bene all’uomo con cui è uscita che non voleva andarci a letto. Il riferimento a fatti di cronaca reali è evidente, ci si deve difendere per non essere considerata… complice. Così come la “gogna” dei social network è un altro elemento che richiama i casi di attualità, una furia pronta a travolgere sempre e comunque vittime e carnefici, in un’orda di parole commenti e insulti che una volta innescata non può più essere fermata.
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