“Soul”, un viaggio dell’anima cercando il senso della vita
Il nuovo film della Pixar è una parabola filosofica ed emozionante
Joe Gardner è un professore di musica che sogna di fare il debutto su un palcoscenico. E proprio quando il suo desiderio di musicista sta per essere realizzato Joe precipita (letteralmente) in un altro mondo. Che forma si può dare all’anima? Si può disegnarla? Costruirci sopra un film?
Serve tutto il talento di Pete Docter e la potenza di immaginazione della Pixar per tracciare una linea (che sembra figlia di Cavandoli) e costruirci sopra un “cartone” che parla di vita, morte, ambizioni, paura dell’aldilà e dell’aldiqua, lieve come Il paradiso può attendere e complesso come Interstellar.
Questo è Soul e stupisce come la Pixar riesca ogni volta a spingersi un po’ più avanti. Oltre, nella tecnica e nei contenuti. “Azzardi” ormai calcolati - va detto - ma sempre azzardi. Come altro catalogare un film di animazione che si mette in testa di affrontare le domande universali dell’esistenza, accettando i rischi e le complessità, e riuscendo a dare sempre risposte coerenti e assolutamente strutturate?
Se avete visto e apprezzato Inside Out questo Soul probabilmente vi sembrerà un passo ulteriore in quella direzione, anzi un passo mosso da quel punto di partenza. Quindi complesso, articolato, profondo, commovente ma - prima di ogni cosa - “per tutti”, intesi come noi seduti comodamente in sala (oggi purtroppo no...) messi in condizione di leggere su piani diversi.
Incredibilmente ricco dal punto di vista musicale (una combo perfetta tra jazz ed elettronica con Jon Batiste da una parte e Trent Reznor e Atticus Ross dall’altra) Soul già dal titolo svela le sue intenzioni: scuotere e indagare nei recessi della nostra anima. Ma - come vedremo - se lo può permettere. La sottolineatura sulla colonna sonora non è casuale e questo è solo uno degli elementi che legittimano quanto detto sull’azzardo (e sulla scommessa vinta). Disegnato per i piccoli e scritto per i grandi, e realizzato per piacere a entrambi, Soul è semplicemente e puramente Pixar: una sorta di film-manifesto della casa, con la firma di Pete Docter messa a garanzia. Siamo insomma dalle parti di Up! e di Wall-E, già diventati a loro modo dei classici.
Introspezione ed emozione comandano mentre la sceneggiatura introduce temi sempre più complessi e trova la maniera per declinarli in maniera “semplice”. Semplice attenzione, da non confondere con banale, a costo di fare una sottolineatura superflua. Nulla è più lontano dalla banalità quando ci troviamo di fronte a un film di questo genere. Prendete ad esempio il personaggio di 22, l’anima che Joe incontra nell’Ante-Tempo (e qui ci fermiamo per quanto riguarda la trama per non togliere nulla alla sorpresa). Il “gioco” di specchi, il confronto tra l’umano e il soprannaturale, l’insegnamento reciproco: meritano davvero una lunga riflessione.
Così come avviene quando gli autori parlano della vita e della morte senza spaventarsi e senza spaventarci. Dei sogni perduti (perduti veramente?), della seconda occasione, del senso della vita, del sapore della pizza o del profumo di una giornata lontana che ci ha fatto diventare ciò che siamo.
Soul
Regia Pete Docter, Kemp Powers
Disney +
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