È un Paese “mostruoso”, un’Italia sporca e cattiva quella descritta da Daniele Ciprì in “È stato il figlio”, primo film italiano passato in concorso (sabato) a Venezia 69. In una Palermo che non ha più il bianco e nero “cinico” del passato, ma ha colori sgranati e saturi che virano al rosso, al giallo ocra della terra e della polvere che soffoca case e persone, è ambientata la storia tragica della famiglia Ciraulo, eletta a simbolo di un Paese in disfacimento, degradato e grottescamente tragicomico. Abitato da gente come Nicola, il padre, il capofamiglia, sporco e sguaiato come il vicino di casa Giacalone o lo strozzino “signor Pino”, come la nonna o la moglie di Ciraulo, le donne, mostruose pure loro, di questo universo ai margini. Dove la miseria ha vinto e detta le leggi e dove non ci si fa più scrupolo o vergogna di nulla, nemmeno di passare “sul cadavere” della propria figlia per intascare i soldi di un risarcimento, arricchirsi per abbandonare la fame e una vita di stenti. La storia della famiglia Ciraulo è raccontata dal regista che utilizza il meccanismo del flashback, attraverso un narratore che spiega come e quando la sua tragedia si è compiuta. E di tragedia “shakespeariana” si tratta, che si consuma fino alle sue estreme conseguenze, con i padri contrapposti ai figli e la menzogna che copre il sangue versato. Accade che la bambina di casa venga uccisa per errore in un regolamento di conti di mafia e che lo Stato assegni alla famiglia un risarcimento milionario in lire, che i Ciraulo iniziano a spendere anzitempo. Quando il denaro finalmente giungerà nel portafoglio di Nicola servirà a stento a colmare i debiti accumulati, mentre la piccola dote rimasta Nicola Ciraulo deciderà di “gettarla dalla finestra” ancora una volta, investendola nell’acquisto di un macchinone di lusso. Oggetto che sarà all’origine di tutti i loro nuovi mali… Tutto è raccontato con i toni della commedia anche se il dramma appare evidente nella sua enormità. Ciprì non abbandona il suo stile ai confini del grottesco che permette di sfuggire a un realismo che avrebbe potuto omologare il suo film a tanti altri prodotti visti sul “tema”: eppure la storia è ispirata a un fatto realmente accaduto nel nostro Paese, ha raccontato il regista, in un’Italia che quindi non è poi così lontana da quella della “mostruosa” famiglia Ciraulo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA