TEATRO Dario Leone fa riscoprire il pugile Efrati e una tragica storia di discriminazione
Domenica lo spettacolo debutta a Macerata, il 23 e il 26 entra nelle scuole a Lodi
Gli amici lo chiamavano Lello, o più affettuosamente Lelletto. Leone Efrati era invece il nome ufficiale che appariva sulle locandine che ne annunciavano i combattimenti. Fu uno dei migliori pugili della sua generazione, un ebreo romano che si fece strada sul ring, arrivando, nel 1938, anche a giocarsi il titolo mondiale dei pesi piuma. La sua carriera, proprio all’apice, fu stroncata dalle leggi razziali: Lelletto diventò improvvisamente un nemico, uno straniero in casa sua. Fu deportato ad Auschwitz, «dove veniva costretto a combattere contro avversari di 120 chili per soddisfare la sete di scommesse dei suoi aguzzini. Morì quattro giorni prima che il campo venisse liberato», racconta Dario Leone, l’attore di Lodi Vecchio autore di uno spettacolo incentrato sulla figura di Efrati, “La valigia nascosta”, già proposto online alle scuole durante il lockdown del 2020.
Il debutto ufficiale a teatro, con una versione aggiornata, è in programma domenica a Macerata, mentre la prossima settimana sono previste tre date nel Lodigiano in occasione della ricorrenza del Giorno della memoria: martedì 23 al liceo Gandini di Lodi (due repliche la mattina, ore 10 e 11.30, già sold out), venerdì 26 all’aula magna del liceo Verri per la scuola Ada Negri (due spettacoli in mattinata) e sabato 27 (ore 21, ingresso libero) al circolo Arci di Lodi Vecchio. «Il testo parla di una vicenda specifica, ma soprattutto vuole analizzare il tema della discriminazione – racconta Dario Leone -. La discriminazione nasce quando un regime autoritario ha bisogno di creare un nemico».
Il titolo, “La valigia nascosta”, si rifà al ritrovamento di una valigia di cartone con all’interno caschetto e scarpe e guantoni da combattimento vergati con le iniziali L.E. «Il pugilato, all’epoca, era lo sport nazionale: Efrati era uno dei migliori, aveva combattuto anche in America per il titolo mondiale. Ma un certo punto, milioni di persone iniziarono a ritenere normale la politica di Hitler. Come ha scritto Noam Chomsky: “L’istruzione non è memorizzare che Hitler ha ucciso 6 milioni di ebrei. L’istruzione è capire come è stato possibile che milioni di persone comuni fossero convinte che fosse necessario farlo”. Gli ebrei erano lo 0.1 per cento della popolazione italiana. Allo stesso modo oggi si parla di “invasione” degli immigrati, poi vai a vedere i numeri e ti accorgi che non è esattamente così».
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