TELEKOMMANDO

Sono le imprese sportive del calcio continentale ed extraeuropeo, del tennis dei grandi tornei sulla terra e sull’erba, delle scalate italo-francesi di inizio Tour de France, tra poco dell’atletica e di tutte le altre discipline olimpiche, a tenere banco in tv. Non è un monopolio, ma poco ci manca. Tanto che si fa fatica anche per chi ci tiene a spaziare tra i tasti del telecomando e tra i canali più sorvegliati a rammentare altri programmi. Eppure, ci sono e sono stati pure visti e annotati. Ma, in tv, meglio dire con le immagini televisive sempre volte a un presente continuo (con buona pace di programmi sfrutta – library come Techetechetè e lo stesso ultimo Blob che pare esser diventato un nuovo Schegge), è facile dimenticare. A fissarsi sono sempre e solo alcuni momenti. Non siamo dalle parti delle illuminazioni poetiche di Rimbaud, sempre però di illuminazioni, di lucciconi agli occhi si tratta. Di emozioni che solo lo sport può dare, anche nella sconfitta e, ovviamente, nella vittoria. Sono i casi “fratricidi” di Sinner con Berettini a Wimbledon (confesso però che il tennis di oggi è più vicino ai “challengers” di Guadagnino che agli amati vecchi e mitologici Panatta e Connors) o la fuga sul Galibier di Pogacar a stroncar gli avversari con in testa Vingegaard (a cui va la mia preferenza) o ancora per restare strettamente vicini alle due ruote, l’impresa di Cavendish che con la sua 35esima volata vincente ha superato nientemeno che, per numero di vittorie, Eddy Merckx. Scrivo queste note e mi accorgo di essere sempre dalla parte dei “loser”, dei perdenti, o tutt’al più preso dal ricordo di passioni giovanili. Sono queste emozioni e chiamate alla memoria che solo lo sport in tv sa dare. Inevitabilmente.

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