TELEKOMMANDO

Lo sfasamento temporale tra la scrittura, di qualsiasi tipo di scrittura rispetto all’accadimento, qualsivoglia esso sia e quindi anche di questa scrittura, breve e incisiva quanto si voglia, ma non social. Bensì legata a un supporto cartaceo quotidiano e informativo, non lascia alcun tipo di spazio a un commento a caldo di questa edizione del Festival di Sanremo. Ancora una volta sfracelli – audience. Ciò, come volevasi dimostrare, indipendentemente da chi guida la macchina festivaliera: poco importa il nome Conti, Amadeus, Fazio, Morandi, Clerici. Oggi si sa che ogni nuova edizione supererà in termini di ascolti la precedente. Da domandare è però se questo si abbina anche a un salto di qualità? Difficile rispondere, perché i gusti del pubblico, detto così genericamente, seguono quasi sempre mode contemporanee. Mentre, sul singolo è ancor più difficile ragionare. A me, per esempio, mi legano i confini anagrafici cari ai boeme, quindi mi risultano insopportabili i rapper, trapper e simili. Inconcepibile: l’autotune. Peggio che peggio il playback che a detta di molti, ovviamente, addetti ai lavori che prendono come tribuna in diretta i social, impazza non poco. Eppure c’è l’orchestra in buca al teatro Ariston. Di certo, m’aspetto molto dai duetti. Poco rilevanti, eppure parte integrante dello spettacolo, sono i conduttori. Vabbè per i comici (Frassica, Follesa), ma mi sapete dire che senso ha avuto ospitare il primo giorno alla co-conduzione Gerry Scotti e Antonella Clerici che imperversano in tv mane e sera? E ai cantanti lasciamo il beneficio di illudersi che un successo o piazzamento possa far dimenticar loro che forse la canzone è l’ultima cosa che interessa. Che vinca dunque il migliore.

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