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Non è un passaggio di consegne, ma quasi quello tra il vicequestore Lolita Lobosco (Loli per la madre, Lolì per l’amico – collega Antò. La geografia pugliese dei luoghi fanno la differenza nel linguaggio e nelle confidenze) e il commissario Teresa Battaglia (in “Fiori sopra l’inferno”, il lunedì su Raiuno, le confidenze non ci sono. Anzi la geografia friulana lascia poco alle smancerie). Dove finisce la prima comincia l’altra. Di certo tra i due personaggi creati da Gabriella Genesi e Ilaria Tuti – reperite i romanzi da cui le serie sono tratti, li trovate anche in edizione tascabile e economica - vi è una sorellanza che si esplicita nella capacità di individuare nei casi che si propongono soluzioni il più delle volte sorprendenti, dovuti al sentire al femminile. Questo si avverte nei caratteri dati dalle due attrici ai rispettivi personaggi in apparente contrasto (ma non è così e la loro fisicità ad ingannare e non sempre l’occhio ha ragione): l’esuberanza disperata di Luisa Ranieri e il rinchiudersi riflessivo di Elena Sofia Ricci sono le facce di una medesima medaglia. L’ultima, peraltro, è reduce dal successo di “Che Dio ci aiuti”, serie che ha successo anche dopo il suo addio. Vi è anche la capacità dei due registi, Luca Miniero (a mio avviso il Lubitsch della nuova commedia italiana) e Carlo Carlei di esplorare sentimenti e fragilità che prima appartenevano poco alla fiction tv. Non voglio spoilerare troppo dei casi di Teresa Battaglia. Di lei si sa, grazie al suo più fidato dei collaboratori, ma anche lo spettatore ne vede le conseguenze, che è malata, ha il diabete, spesso dimentica di iniettarsi l’insulina. Questo a beneficio del nuovo arrivato, un giovane ispettore, che trasale ogni qualvolta la commissaria lo interpella. Nessuno però sa che la Battaglia è aggredita da un altro e più subdolo male. Si attendono dunque sviluppi futuri sia nella risoluzione dell’imprenditore barbaramente trucidato (trasversalmente si avvertono echi lynchiani nelle modalità di relazione tra i personaggi, ma anche l’ambientazione crepuscolare dà molto all’emotività delle situazioni) sia della malattia della protagonista.

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