Dopo più di dieci anni il calcio italiano già assapora, con ancora le semifinali da giocare, una sua squadra in finale di Champions League. Non accadeva dal tempo del triplete di Mourihno e dell’Inter di Milito & co. E più in là ancora dalla vittoria del Milan di Inzaghi e Pirlo nella rivincita di Instanbul. Proprio Instanbul “Calling” sembra attirare come una calamita sia l’oggi allenatore del Real Madrid sia la squadra rossonera, guidata in modo sperimentale e estremamente mediatico da Pioli (in rete dopo la vittoria sul Napoli impazza un video del dj Bob Sinclair che fa ballare migliaia di persone sul’on fire dell’allenatore emiliano), ad un confronto che si preannuncia ricco di spettacolarità e suggestioni. Ovviamente vi è da scavallare gli ostacoli, non facili: per l’uno del Manchester City di Guardiola, per l’altro proprio dell’Inter. Questo in un derby che già dà altri dolci ricordi. Proprio in Champions. Insomma, fatte fuori le altre squadre qualunque delle restanti entri in finale hanno un appeal mediatico di forte impatto. Ma cos’hanno in più? Qual è il loro fascino? È senza alcun dubbio la storia. Ma ciò non basta come non basta in tv l’immagine stessa sia dei giocatori sia degli inconfondibili colori delle loro maglie. Nemmeno le magie dei rispettivi campioni. D’altronde non tutti possono essere Leao, barella, Benzema o De Bruyne. La loro medianicità, quasi controcorrente al profitto che generano, è dettata dal loro pubblico in presenza allo stadio o comodamente sul divano e copertina d’ordinanza. Già dal pubblico. Che non si dica vinca il migliore. Ognuno di noi ci spera.
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