TELEKOMMANDO

Il rogo della Venere e la morte di Kundera

Tra programmi molto al di sotto del ribasso tollerabile, sebbene alcuni di questi abbiano successo per lo più dovuti ai trend topic di Twitter, e i fatti, fattacci e fattoidi (qui mi piace sollevare la leggerezza polemica di un maestro del kitsch come Gillo Dorfles) della politica italica, europea e internazionale, preferisco concentrare l’attenzione su due episodi che riguardano arte e letteratura. Argomenti dirà qualcuno marginali nel dibattito e aggiungo anche nella quotidianità di ogni persona. Meglio della maggioranza delle persone. Anche se i due episodi in questione la scomparsa a 94 anni dello scrittore e intellettuale franco-ceco Milan Kundera e l’incendio che ha distrutto un multiplo della “Venere degli stracci” di un altro (splendido e lucidissimo novantenne), l’artista biellese Michelangelo Pistoletto. Accadimento avvenuto a Napoli, nella centralissima Piazza Municipio, per mano di un clochard. Avrei detto uno dei tanti Vladimiro e Estragone della nostra sfasciata e iniqua società. Quasi una nemesi futuristico-letteraria per l’iconica e ripetuta installazione di Pistoletto. Lo dico subito con le parole di chi ha in mano la questione: la “Venere” verrà ricostruita e ricollocata nel medesimo posto in cui la precedente è stata distrutta. Cambio canale e altro cortocircuito mentale che incrocia letteratura e riflessi incondizionati dettati dalla tv. A tener banco è la morte di Milan Kundera, autore di “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, libro stracult, lanciato senza averlo mai letto da Roberto D’Agostino – allora, successivamente dice di sì - in uno dei tanti calembour inventati per Quelli della notte, trasmissione questa sì di culto degli anni ’80: le mie notte giovanili si dividevano tra Arbore e Mister Fantasy. Più tardi venne Fuori Orario, ma c’erano i videoregistratori a tener buono il sonno che scivolava via. Lavato via dalla memoria che si fa collettività. Ecco una via nuova per la cultura o far cultura?

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