ltro che gridare all’inciucio. «Se Togliatti ha accettato che fosse inserito nella Costituzione il Concordato del ‘29 e i cattolici hanno accolto che nell’articolo 1 si dicesse che la Repubblica è fondata sul lavoro, frase che poteva avere un sapore di certe repubbliche sociali, è perché questi uomini avevano ben presente cosa fosse il bene comune. Non pensavano certo alle elezioni di cinque anni o sei mesi dopo. Politici così oggi non ci sono». Lucida e impietosa sui tempi “moderni” della politica l’analisi di Andrea Tornielli, vaticanista de «La Stampa», saggista e collaboratore di numerose altre testate, ospite ieri dell’associazione culturale AttivaMente nel foyer dell’auditorium Bpl.
«L’esperimento e lo spirito della Costituente restano di grandissimo valore - ha affermato il giornalista - in un Paese in cui a oltre 40 giorni dalle elezioni non abbiamo un governo e in cui anche il presidente della Repubblica sta finendo il suo mandato». Una situazione senza precedenti, in cui troppo spesso i cattolici, accusati in passato di essere anti-italiani e anti-unità, «per lo strappo risorgimentale in cui molti pensavano alla fine del potere temporale della Chiesa per annullarne anche l’influenza», «ferita superata poi durante la prima guerra mondiale quando tutti si resero conto che i cattolici morivano come i socialisti e come i liberali sotto la bandiera italiana», sono costretti a votare il meno peggio, colui che assicura loro la tutela su determinate questioni. Ripercorrendo le coordinate del suo libro La fragile concordia. Stato e cattolici in 150 anni di storia italiana, Tornielli ha “camminato” dentro la storia, affrontando molti dei nodi del rapporto tra cattolici e politica fino al «vuoto» di oggi. «È vero che non esistono più i De Gasperi ed è altrettanto vero che scarseggiano i cardinal Montini, colui che si impegnò per una formazione di giovani non solo come “yesmen” - ha aggiunto Tornielli - , mi piacerebbe almeno sentire da certi politici cattolici citare Papi come Leone XIII e la sua enciclica Rerum Novarum in cui, con coraggio, ha detto cose sul mondo del lavoro attualissime ancora oggi. Andassero a pescarle».
In un quadro simile, l’elezione di Papa Francesco, «fatta da un’istituzione vecchia di duemila anni e composta sostanzialmente da “vecchi” che in un giorno hanno trovato una maggioranza di ben 20 voti superiore ai due terzi del Conclave, è segno di una vitalità che ha molto da insegnare». E che ha affidato la Chiesa nella mani di un uomo che ha riscosso «una grande ondata di simpatia e non solo - ha sottolineato Tornielli - : raccogliere testimonianze di persone che si avvicinano alle confessioni e ai sacramenti dopo una distanza di 10, 20 o trent’anni è quasi un miracolo. E il messaggio della misericordia di Papa Bergoglio è suo, autentico, arriva da chi conosce i poveri e pensa che il regalo più grande che si possa fare loro è farli sentire come tutti gli altri». Papa già bersagliato da «i ratzingeriani che in certi siti e in certi blog criticano ogni suo gesto» e considerato da altri come il «25 aprile» della Chiesa, motore di una liberazione che nessuno ha annunciato. «Il suo unico criterio dichiarato per le riforme è il bene delle anime, la loro salvezza e mi sembra già un gran criterio - ha chiuso Tornielli - , ma alcune autoriforme sono già arrivate grazie al rifiuto di certi simboli di grandeur che sono legati all’imperialismo della Chiesa dei secoli passati».
Rossella Mungiello
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