VENEZIA 81 Almodovar e il tempo «fuggito di mano»: “La stanza accanto”

Il regista spagnolo affronta il tema del fine vita, non senza delle criticità e sposando posizioni che meriterebbero maggiore approfondimento

Il tempo «fuggito di mano». Il dolore e la morte. Il primo film americano di Pedro Almodovar affronta un tema complesso come quello del fine vita, non senza delle criticità e sposando posizioni che meriterebbero maggiore approfondimento.

Ingrid e Martha (Julianne Moore e Tilda Swinton) sono amiche e si ritrovano a New York, quando la prima scopre che la seconda è malata terminale, ricoverata in ospedale. Da quel momento riallacceranno i fili delle rispettive esistenze iniziando un percorso a ritroso, tra ricordi, successi di carriera, ambizioni frustrate, errori e affetti perduti. La richiesta di Martha all’amica è di accompagnarla verso «una morte dignitosa», sedendosi nella “stanza accanto” quando sarà il momento.

“La stanza accanto” parla di eutanasia, di lutto e di dolore, della paura di morire da soli, citando Joyce e “Gente di Dublino” mentre una neve immaginaria cade sulle protagoniste, messe davanti alla fine, un momento a cui Almodovar non riesce però a dare un vero significato al di là della vita. Per quanto possa sembrare impossibile, visto l’argomento, il film del regista spagnolo trasmette emozioni che sembrano artefatte, poco sincere, e indirizza la storia e le sue diverse tracce verso una posizione univoca, che non ammette sfumature.

Martha è stata corrispondente di guerra, ha visto e raccontato l’orrore dal fronte, Ingrid invece ha dedicato il suo ultimo romanzo proprio al tema della morte, da cui si dice terrorizzata. Almodovar le racconta mantenendo i colori accesi del suo cinema che compaiono qua e là anche in questa ambientazione americana, lontana anni luce da quella di casa. Mentre al racconto aggiunge argomenti cari (appena sfiorati) e considerazioni politiche, per esempio sullo sfruttamento del pianeta. Resta centrale però il motivo che ha riunito le due donne e che le vede “complici” nella scelta presa da Martha e che Ingrid asseconda e sostiene per amore dell’amica.

Il regista però solo nel finale parla della bellezza della vita e la trasmette allo spettatore («è mattina e siamo vivi», dicono affacciandosi alla finestra respirando), lasciando la sensazione che trattando lo stesso argomento, si sarebbe potuto dire decisamente di più.

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