
(Foto di Iannone)
Il regista italiano in Concorso con un pugno di storie sulla coda del primo conflitto mondiale
Venezia
Il primo film italiano in Concorso, “Campo di battaglia” di Gianni Amelio, la guerra raccontata da Amos Gitai, fuori concorso, in “Why war”, il pericolo vivo e reale dei suprematisti bianchi negli stati Uniti in “The order” di Justin Kurzel e il romanzo di formazione firmato dai gemelli francesi Ludovic e Zoran Boukherma “Leurs enfants après eux”.
Amelio non fa un “film di guerra” ma prova a fare un film “sulla guerra”, sul suo orrore e sulle sue vittime, raccontando un pugno di storie sulla coda della Prima guerra mondiale. Il “Campo di battaglia” di Amelio è carico di pietas e di umana sofferenza, un dramma senza tempo che - nel suo rigore - non lascia indifferenti. Il film del regista italiano è un apologo contro tutte le guerre e il dolore e la tragedia che sempre portano con sé. Il suo significato si espande molto più in là cronologicamente, arrivando sino ai giorni nostri, ai campi di battaglia che abbiamo avuto e che abbiamo alla nostra porta.
Gitai invece si basa sulle lettere di Albert Einstein e Sigmund Freud per una riflessione sulla ferocia dei conflitti e sulle loro radici.
Strettissimi infine i legami con l’attualità di “The Order” che confeziona, con il taglio del film di genere, un ritratto puntuale dei movimenti dell’ultradestra negli Stati Uniti che – ricostruendo fatti realmente accaduti - parte dal 1983 e arrivano fino all’assalto a Capitol Hill. Nel cast un Jude Law sofferente e carismatico.
© RIPRODUZIONE RISERVATA