VENEZIA 81 Il mito di Maria Callas con Angelina Jolie diretta da Pablo Larrain

Il film del regista cileno che ha aperto il Concorso dell’81esima Mostra del cinema racconta l’ultima settimana di vita della cantante più celebre e amata di tutti i tempi

La divina, la diva assoluta, cantante che è stata tutte le eroine che ha interpretato e che ha incarnato lo spirito della musica lirica, tutta intera. Maria Callas era l’opera stessa negli anni in cui ha calcato il palcoscenico e Pablo Larrain vuol ribadire questo raccontando l’ultima settimana di vita della cantante più celebre e amata di tutti i tempi. “Maria” - semplicemente – si intitola il film del regista cileno che ha aperto il Concorso dell’81esima Mostra del cinema di Venezia, una anti-biografia che (dopo “Jackie” e “Spencer”) chiude anche una sorta di trilogia che il regista ha dedicato a “tragiche” figure femminile del Novecento. Angelina Jolie si trasforma in Maria Callas triste e dolente, negli ultimi giorni parigini, nel settembre del 1977, poco prima della morte arrivata a soli 53 anni, quando però la sua carriera già si era interrotta bruscamente, tra malattie, un fisico debilitato e una vita sentimentale tormentata.

Maria è stata Violetta, Tosca, è stata Madama Butterfly, non le ha “solo” interpretate dice Larrain montando parte di immagini di repertorio con gli applausi del pubblico a ricostruzioni in cui è l’attrice a vestire i panni di Maria. Lei era le opere che ha cantato, ci sono le registrazioni a testimoniarlo: «troppo perfette, quindi sbagliate, perché l’opera dovrebbe essere cantata ogni volta in maniera diversa». Negli ultimi giorni parigini, con la sola compagnia dei fedeli domestici (interpretati da Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher) immagina di scrivere un’autobiografia, mentre prova con un maestro a misurare la voce immaginando chissà come un disperato ritorno in scena. La figura immaginata e immaginaria di un giornalista che raccoglie i suoi racconti fa da filo conduttore alla narrazione che procede per atti (proprio come un’opera) e segue l’ascesa e la caduta della divina. L’incontro con Onassis, il grande amore che non la sposò, i palcoscenici, e più a ritroso l’infanzia in Grecia e nel presente i farmaci, i fantasmi del passato che la perseguitavano. Larrain dimostra un amore sconfinato per questa figura tragica che tratta con rispetto e quasi devozione, montando un film che emoziona e trascina favorito – naturalmente – dalla voce vera della Callas che accompagna le immagini (nelle riprese ravvicinate del “presente” è la stessa Angelina Jolie a cantare). Il montaggio dei brani, la loro scelta, rende evidente il legame tra l’interprete e le opere, rende visibili i fantasmi di un passato che tornava a tormentare “la Callas”, così com’era chiamata da tutti, un personaggio che aveva superato Maria e che si era trasformata nella protagonista stessa di una tragedia: «greca, umanissima e triste».

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