Viveva un “Fanfulla” nella Lodi del 1587

Sensazionale ritrovamento storico da parte del ricercatore Giovanni Vanini

Fanfulla da Lodi? Personaggio leggendario oppure effettivamente esistito? Per rispondere a queste domande si sono scritti fiumi d’inchiostro, libri e articoli di giornale.

Il tutto senza che nessuno sia riuscito a fornire notizie certe.

Improvvisamente, ecco un fulmine a ciel sereno. O meglio: una piccola fiammella. Ad accenderla è l’impareggiabile ricercatore Giovanni Vanini di Lodi, che nel suo inarrestabile lavoro di scavo tra i faldoni ingialliti dell’Archivio notarile di Lodi, si è casualmente imbattuto in un atto del 1587, nel quale un personaggio di Lodi è chiamato “Fanfulla”.

Giovanni Vanini è stato definito Un «“outsider” appassionato di esplorazioni fra le vecchie carte, che dedica tutto il proprio tempo libero all’indagine capillare e sistematica di faldoni e filze notarili, inseguendo delle tracce e delle piste che lo intrigano proprio per la loro problematicità. Vanini ha ricostruito collegamenti e rapporti di parentela fra fornaciai, da vero battitore libero mosso dal gusto della ricerca fine a se stessa, che può tuttavia portare a sorprendenti ed illuminanti scoperte».

«Il Cittadino» si è già occupato di Vanini a proposito delle sue apprezzate e strabilianti ricerche sulla ceramica Vecchia Lodi - e dopo le sue scoperte metà dei libri sulla ceramica lodigiana è da buttare via - e anche recentemente, sulle generalità anagrafiche del grande pittore lodigiano Giacinto Cavenago o Cavenaghi.

Questa di Fanfulla è l’ultima sensazionale scoperta.

«Si tratta - racconta Vanini - di Teodoro Riccardi, nato intorno al 1535, cioè soltanto dieci anni dopo la presunta data di morte di “Fanfulla da Lodi” o “Fanfulla da Parma’’. All’inizio degli anni sessanta Teodoro sposa Mabilia, figlia di Paolo Caravaggio, avo (sei generazioni prima) di Baldassarre Caravaggio. Il quale, tanto per intenderci, è il fondatore della fornace omonima, quella dei vasi di Novellara».

«Teodoro Riccardi - prosegue il ricercatore - abita a Lodi con Mabilia e i figli Cosma III, Margherita e Maddalena, in una casa di proprietà in vicinia San Biagio, nella zona compresa oggi negli ultimi tratti di corso Roma e di via Marsala. Questo ramo dei Riccardi è presente in Lodi almeno dalla seconda metà del Quattrocento. Purtroppo il bisnonno di Teodoro, Cosma I, figlio di Francesco, muore intorno al 1490 “ab intestato”, cioè senza aver fatto testamento, sicchè è risultato praticamente impossibile rintracciare tutti i suoi figli, contemporanei di ‘’Fanfulla’’, in quanto qualcuno potrebbe aver lasciato Lodi».

Giovanni Vanini non si è dato pace e ha continuato a frugare nelle carte notarili e nei documenti d’anagrafe parrocchiale: «Di Cosma I - dice - ho trovato Danino, nonno di Teodoro detto Fanfulla, Riccardino, Battistina e Callina».

A questo punto Vanini si lascia andare a una sola considerazione: «È mia abitudine mantenere una certa cautela riguardo nuovi ritrovamenti non supportati da dati certi. Sicuramente il documento che ho rintracciato prova che il soprannome Fanfulla era presente a Lodi nel Cinquecento. Credo quindi che non sia contestabile la sua ‘’lodigianità’’. Forse è anche un passo avanti per rivendicare la “lodigianità” del personaggio storico.

Appunto. È inutile aggiungere che la scoperta di Giovanni Vanini è di grande importanza per i legami tra il personaggio Fanfulla e la città di Lodi. Sulla figura storica di Fanfulla da Lodi ci sono molti lati oscuri e opinioni controverse. Visse a cavallo fra il ‘400 e il ‘500. La tradizione lo fa nascere a Basiasco, e a questo fatto l’attuale parroco don Piero Novati ha dedicato un interessante e appassionato volume. Partecipò a tutti i principali fatti d’arme di quel travagliato periodo. Sono diverse le ipotesi avanzate sulla sua fine. Morì probabilmente nella battaglia di Pavia del 1525.

Fanfulla divenne famoso grazie alla disfida di Barletta, avvenuta il 13 febbraio 1503. Nello scontro, vinto dalla formazione degli italiani, Fanfulla ebbe una parte di grande rilievo.

«Per i lodigiani - sottolinea Bruno Pezzini, un altro storico e apprezzato ricercatore delle tradizioni e della cultura locale - in modo particolare per i tifosi dell’omonima squadra di calcio, il nostro eroe è stato il guerriero per antonomasia, l’incarnazione delle migliori doti di audacia, gagliardia, coraggio e generosità. Il declino delle fortune della squadra bianconera è coinciso con l’oscuramento della fama del nostro capitano di ventura. Inoltre, ammettiamolo, il personaggio di Fanfulla è un po’ scomodo, presentandosi con caratteri in contraddizione con la “buona” ma pigra indole dei lodigiani. Il suo mito ha ispirato numerosi artisti. Sta di fatto che è il personaggio di Lodi di maggior fama. Già all’epoca dei fatti, storici e poeti cantarono le straordinarie virtù guerresche di Fanfulla. Non c’è dubbio tuttavia che la sua celebrità sia dovuta soprattutto ai romanzi di Massimo D’Azeglio: Ettore Fieramosca e Niccolò de’ Lapi, dove viene descritto con tratti accattivanti, suscitando ammirazione e simpatia».

L’auspicio è che il bravo Vanini, nelle sue continue ricerche, riesca a trasformare questa piccola fiammella in una fiaccola accesa.

F.P.

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