“L’è ‘l laurà che’l ghe va mai in mira” si dice del vaianon (’scansafatiche’) lodigiano. Ora, mangià e girà li capisce anche il turista “mordi e fuggi” attratto a Lodi dalla trippa in distribuzione a San Bassiano, ma il seguito potrebbe rimanergli un po’ indigesto senza due righe di spiegazione. “Andaghe in mira” vuol dire ‘centrare il bersaglio’ o arrivargli comunque vicino, anche in senso figurato (em vinciüd no, però ghe sem ‘ndai in mira).Ma torniamo al nostro vaianon, il quale, esercitando il non-mestiere più antico del mondo, dovrà pure trovare un modo per procurarsi di che vivere. E come, se non andando “a röda”? “Andà a röda” è una curiosa espressione di matrice lombarda, che significa ‘scroccare’, ‘vivere alle spalle di qualcuno’. Niente a che fare con la ‘ruota’ del detto antico “la vita l’è una röda”: la röda del parassita nostrano viene dal latino rogita (da rogare ‘richiedere’), ed indicava la corvée, un lavoro a favore della comunità richiesto dai superiori e non retribuito, di origine medievale, e di più recente prassi militare. Perciò il vaianon - senza saperlo - andando a röda lavora, e per di più gratis. Conoscendo però il tipo, possiamo immaginare che vada avanti “a strüsa”, letteralmente “strisciando”, in senso metaforico ‘avanzando con fatica, in modo discontinuo, lentamente’ (“me’l va el to fiöl a scola?” “El va avanti a strüsa”).Tanto lentamente da venir sollecitato a darsi una mossa, con l’interrogativo ironico “ndem o stem?”, ‘andiamo o restiamo?’. Al quale potrebbe rispondere scappando a gambe levate, o meglio correndo “me un livré”, “‘me un laché”, “‘me un arian” (espressioni su cui ci siamo già soffermati in altra occasione). Oppure “a tüta bira”, ‘a tutta birra’, espressione entrata anche nell’italiano dalla deformazione del francese “à toute bride”, ossia ‘a tutta briglia, a briglia sciolta’, forse incrociata con birra, intesa scherzosamente come carburante. Nel senso più ampio di ‘senza freno’, ‘senza sosta’, il lodigiano iperattivo preferisce però “a tüt andà” (el laura a tüt andà per pagà el mutuo...).Non paghi di tanto “andare”, già che ci siamo, ricordiamo altre locuzioni, come “fà andà” (cucinare), voce del linguaggio specialistico di casalinghe improvvisate come di chef d’alto rango; e, restando in cucina, “andà insema” (‘coagulare’, ‘raggrumare’, ad esempio del latte o altri alimenti), voce prestata all’italiano “famigliare” dai dialetti settentrionali. Per estensione di significato, “andà insema” sta anche per ‘andare in confusione’, ‘disorientarsi’, applicabile alla mente ma anche alla vista (“sta ferm, che te me fe andà insema la vista” protestava mia nonna, stufa di vedermi scorrazzare per casa). Aggiungiamo “lasà andà”, che dall’originale ‘lasciar andare’, ‘lasciar perdere’, si trasforma, nei mercati di casa nostra, in ‘fare lo sconto’ (gh’ò dit che l’era trop car, el m’à lasad andà vint ghei). Osserviamo - in conclusione - che per “lascia perdere”, nel linguaggio popolare abbiamo anche il più sintetico ed efficace “ma va là”, che a seconda dell’intonazione assume però significati diversi: da ‘ma non è il caso’ a ‘ma cosa dici’ o ‘dici davvero?’.
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