1924-1944, gli anniversari che hanno cambiato il corso della storia

L’editoriale del direttore de «il Cittadino» Lorenzo Rinaldi

«Io, il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me». Venerdì 30 maggio 1924. L’onorevole Giacomo Matteotti ha appena terminato il suo discorso alla Camera dei Deputati e così si rivolge al collega di partito Giovanni Cosattini, che gli siede a fianco. Durante l’intervento, reso difficile anche a causa delle intemperanze degli onorevoli fascisti, il deputato veneto ha contestato l’esito delle elezioni politiche del 6 aprile 1924, vinte dal Partito Fascista ma macchiate dal sangue della violenza. «Contestiamo in questo luogo e in tronco la validità delle elezioni della maggioranza - dichiara Matteotti il 30 maggio 1924 -. L’elezione secondo noi è essenzialmente non valida (...). Per vostra stessa conferma (dei parlamentari fascisti, ndr) dunque nessun elettore italiano si è trovato libero di decidere con la sua volontà».

Matteotti sarà assassinato il 10 giugno 1924 da un commando fascista, di cui fa parte il lodigiano Albino Volpi. Il corpo verrà ritrovato il 16 agosto in una località di campagna a una ventina di chilometri da Roma.

Il mandante, Benito Mussolini, presidente del Consiglio, il 3 gennaio 1925 alla Camera afferma: «Ebbene, io dichiaro qui, al cospetto di questa assemblea, ed al cospetto di tutto il popolo italiano, che assumo (io solo!) la responsabilità (politica! morale! storica!) di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello e non invece una superba passione della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato».

Sono passati cento anni dall’omicidio Matteotti, un delitto che rappresenta uno spartiacque nella storia d’Italia, perché è in quel frangente che il fascismo alza il livello della violenza politica spingendosi ad assassinare un parlamentare del Regno.

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6 giugno 1944. Normandia. Nord della Francia. I soldati della prima divisione di fanteria dell’esercito americano sbarcano a Omaha Beach e vengono letteralmente falcidiati dalle raffiche di mitragliatrice che partono dalle casematte tedesche sulle alture retrostanti la spiaggia. Nelle prime ore dello sbarco, a Omaha, nove soldati americani su dieci muoiono e se non vengono uccisi dai colpi nazisti annegano sotto il peso dell’attrezzatura. Ci vorranno ore, e migliaia di vittime statunitensi, per arrivare ai bunker nazisti e neutralizzare i fucilieri di Hitler. Va relativamente meglio ai soldati inglesi e canadesi sulle altre quattro spiagge dello sbarco. Ma a Omaha, nelle prime ore del 6 giugno, è un massacro.

Oggi Omaha Beach è solo una lunghissima distesa di sabbia con un grande monumento che ricorda lo sbarco, tanti surfisti e qualche chiosco che vende bibite e panini. Ma sulle alture, affacciato sulla distesa di sabbia esposta ai capricci delle maree, c’è l’immenso cimitero di guerra americano. Decine di migliaia di croci di pietra bianche, candide, infilate nell’erba verde curatissima, una di fianco all’altra, con il nome del militare caduto, il grado, lo stato di provenienza e qua e là qualche bandierina a stelle e strisce. Passeggiare tra queste croci significa compiere un pellegrinaggio ideale negli Stati Uniti e passare in rassegna gli stati (dallo Utah al Texas, dalla California al Nebraska) e le religioni (accanto alle croci ci sono infatti centinaia di stelle di David).

Sono passati ottant’anni dallo sbarco in Normandia. Dobbiamo essere riconoscenti ai militari alleati che in quel terribile giugno 1944 hanno messo piede nelle gelide acque del canale della Manica. La maggior parte di loro non aveva mai visto l’Europa, ne aveva forse letto su qualche libro o ne aveva sentito parlare alla radio. Quasi inconsapevolmente questi soldati ventenni hanno cambiato il corso della nostra storia, liberando il Vecchio Continente dalla tirannia.

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