Editoriali / Lodi
Giovedì 01 Dicembre 2022
Come valutiamo il merito nel Paese degli immeritevoli?
L’analisi sulla situazione della formazione in Italia
Cresce sempre di più il dibattito sul merito, almeno tra i soggetti più coinvolti. Non ci sono solo addetti ai lavori come insegnanti e politici, né giornalisti e studiosi di tematiche educative. Sono interessati anche gli studenti e le loro famiglie. Come si valuta il merito? Davvero ci sono “immeritevoli”? E tutto si valuta attraverso una valutazione finale ottenuta dopo un esame o uno scrutinio?
Non si può trascurare che in Italia c’è un numero assai importante di persone che abbandonano gli studi prima di raggiungere il titolo di studi che avrebbe segnato il traguardo del percorso di istruzione o formativo intrapreso.
Un altro gruppo abbastanza frequentato è composto da quanti hanno deciso di uscire dal ciclo dell’istruzione rapidamente (circa il 12,7%).
Entrambi i gruppi sono più esposti alle vulnerabilità sociali e lavorative. Molto spesso finiscono a ingrossare le file dei neet (giovani che non studiano, non sono coinvolti in percorsi di inserimento e non lavorano, in Italia sono il 23,1%).
Viene da interrogarsi se il loro fallimento scolastico e il successivo limbo in cui cadono sia da attribuirsi esclusivamente al loro scarso impegno. Insomma il fallimento è tutta colpa loro?
Forse è troppo facile indicare nello scarso impegno l’origine dell’insuccesso. Sono innumerevoli gli studi che mostrano come sia difficile ridurre le disuguaglianze durante i percorsi formativi. Nonostante gli sforzi i punti di partenza diseguale continuano e anzi si ampliano durante il tragitto che attraversa i diversi ciclo di istruzione. Origini sociali e contesto familiare rimangono determinanti per definire gli obiettivi dello studio, e sembrano avere una correlazione con le valutazioni conseguite. Da un lato, infatti, ancora oggi i ragazzi di famiglie con genitori di cultura medio o medio alta partono avvantaggiati rispetto agli altri, perché trovano un sostegno nello studio, trovano nella famiglia persone che sanno indirizzarli nello svolgere i compiti e nello scegliere i percorsi più idonei alle loro caratteristiche.
Dall’altro lato alcune ricerche mostrano che la cultura familiare influenza la prospettiva con cui si vede il successo scolastico: i genitori con istruzione bassa o medio bassa spesso hanno un approccio fatalistico: i buoni risultati derivano dalla fortuna oppure dalla predisposizione del ragazzo; invece per i genitori con istruzione elevata spesso l’approccio è individualista: i buoni voti sono legati all’impegno personale e alla cura dei talenti. Così figli che provengono da famiglie diverse, non solo godono di risorse differenti da mettere in campo nel loro percorso formativo, ma sono condizionati nelle scelte che durante quel percorso tendono ad adottare.
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