Dal riformismo alla sinistra,
la rotta tracciata da Schlein

di Paolo Pissavino

Elly Schlein è la nuova segretaria del Partito democratico. Immediate sono giunte le congratulazioni che le ha rivolto lo sfidante, il presidente della regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini: “In bocca al lupo, Elly è stata più capace di me di innovare”. E in verità la nuova segretaria del Pd è apparsa sicura per il grande risultato raggiunto, sottolineando che è stata portata a termine “una piccola grande rivoluzione”. Sotto la sua guida il Pd perseguirà con decisione politiche di sinistra tanto che “la parola redistribuzione deve essere scolpita sulle nostre bandiere”. Sicché, la Schlein incarna la necessità che il partito rappresenti effettivamente un blocco sociale di riferimento, in cui classe operaia, disoccupati e precari cessino di essere, per la dirigenza dei Democratici, una forza residuale quasi affogata in un mondo guidato da idee neoliberiste. Non è un caso che Livia Turco - già ministro della Salute dal 2006 al 2008, nel secondo governo Prodi - abbia affermato, nel corso di una iniziativa a favore di Schlein organizzata a Roma il 30 gennaio, che sia ormai giunto “il momento di dare fiducia alla generazione della precarietà che non vede più il futuro e a una donna che ha il coraggio di scendere in campo”.

Resta infatti plausibile che la Schlein intenda smarcarsi da un riformismo poco incisivo

Resta infatti plausibile che la Schlein intenda smarcarsi da un riformismo poco incisivo, rivestito da quel senso di “responsabilità” evocato continuamente da una dirigenza del partito e da amministratori locali troppo compresi del loro ruolo istituzionale e di governo. Piuttosto è chiaro che la Schlein vuole contendere a Giuseppe Conte e al Movimento 5 Stelle quelle sacche di disaffezione nei confronti della politica e di malcontento verso l’azione di governo che ormai caratterizzano il nostro elettorato. Sicché la sua segreteria seguirà una strategia politica che sempre più intenderà sottolineare la propria distanza da ogni fascinazione che l’azione di Matteo Renzi possa ancora ispirare. Accanto a lei per il vero si è posta una parte consistente della classe dirigente del partito, da Andrea Orlando a Francesco Boccia, a Dario Franceschini che ne ha così esaltato la vittoria: “Un’onda travolgente cui nessuno credeva. Un’onda di speranze, di rabbia, di orgoglio, di entusiasmo che ha portato il popolo democratico a scegliere di farsi guidare verso il futuro da una giovane donna. Oggi inizia davvero una nuova storia”.

Dalla parte di Bonaccini si sono schierati primi cittadini come Dario Nardella, sindaco di Firenze, Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, presidenti di regione come Michele Emiliano. E se accanto a Bonaccini si sono posti anche Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani, non si deve dimenticare che Guerini è stato presidente della Provincia e sindaco di Lodi, e la Serracchiani ha ricoperto la carica di presidente della regione Friuli- Venezia Giulia. E se Nicola Zingaretti, già presidente del Lazio, si è schierato con la Schlein non bisogna dimenticare che, con lui a guidare il Nazareno, prese vita il il governo giallo-rosso. Forse che “l’onda travolgente” impersonata, secondo Franceschini, dalla Schlein si sia formata nel momento in cui la vecchia classe dirigente del Pd ha preso consapevolezza che, per conquistare l’elettorato, non basti più la retorica della “buona amministrazione” e servano idee marcatamente di sinistra?

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