Editoriali / Lodi
Venerdì 22 Novembre 2024
Due lezioni dalle Regionali su astensionismo ed equilibri
Il centrodestra farebbe bene a non sottovalutare il segnale di Umbria ed Emilia
«Talvolta ho l’impressione che ci sia - è anche comprensibile, forse - tra le forze politiche, maggiore attenzione rivolta, per la competizione, soltanto a chi vota, a chi poi andrà alle urne. Il problema principale però del nostro Paese, del nostro sistema istituzionale, è verso chi non vota, per indurlo a partecipare alla vita democratica del paese con le elezioni. Perché la democrazia vive della partecipazione: se questa non c’è, appassisce». Lo diceva qualche giorno fa il Presidente della Repubblica intervenendo all’incontro dell’Osservatorio permanente giovani-editori. Le elezioni in Emilia-Romagna e Umbria hanno fornito una conferma di questa emergenza oltre le già pessimistiche (dato il trend generale) previsioni. Eppure a livello regionale è possibile una conoscenza meno generica dei candidati e il sistema elettorale è il più maggioritario e “presidenzialista”. che ci sia nel nostro ordinamento. Due fattori che teoricamente dovrebbero incentivare l’affluenza alle urne, ma non è andata così Le radici del problema sono evidentemente più profonde. Ha certamente pesato il fatto che il risultato dell’Emilia Romagna fosse dato abbastanza per scontato, ma questo non può bastare a motivare un calo dell’affluenza superiore ai 20 punti percentuali e una partecipazione nettamente al di sotto della soglia della metà degli aventi diritto. Del resto anche in Umbria, dove invece la carica di governatore era chiaramente contendibile, si è toccato il minimo storico con una discesa di ben 12 punti rispetto alle precedenti regionali. Il doppio successo del “campo largo” può essere relativizzato al pensiero che si tratta pur sempre di due regioni storicamente a sinistra. E quindi il problema di fare breccia nell’altra metà dell’elettorato resta in piedi. Però la volta scorsa l’Umbria era andata al centro-destra, un esito per certi versi clamoroso, e il recupero avvenuto in una stagione in cui il vento sembra spirare in tutt’altra direzione è un fatto politico oggettivamente rilevante.
Per quanto riguarda la maggioranza nazionale, fino a quando le opposizioni non riusciranno a coagulare una coalizione coesa e credibile come alternativa di governo, Giorgia Meloni e i suoi alleati non avranno molto da temere sul fronte interno. I problemi più insidiosi appartengono semmai alla sfera internazionale che è sempre più gravida di incognite. Comunque il risultato del voto in Umbria ed Emilia-Romagna è un segnale che il centro-destra farebbe bene a non sottovalutare. L’atteggiamento che lascia intuire (o talvolta dichiara esplicitamente) la volontà di prendere tutto e a tutti i livelli, può indurre una reazione di rigetto nell’opinione pubblica. Per non parlare del rischio di entrare in rotta di collisione con gli organismi di garanzia, come ha dimostrato la decisione della Corte costituzionale che ha ridisegnato completamente la prospettiva dell’autonomia differenziata, riconducendola ai principi della Carta. Il terreno delle riforme, vale ricordarlo, è per antonomasia quello più congeniale al dialogo tra i partiti. Si potrebbe ripartire da qui, ma sarebbe necessaria una volontà politica che non si vede all’orizzonte.
*giornalista Agensir
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