Editoriali
Venerdì 03 Novembre 2017
Il futuro delle grandi famiglie e quello del lavoro
di Paolo Bustaffa
I padri non intendono più lasciare alle famiglie, ai figli, ai parenti, le imprese che hanno costruito? Gli orologi della Rolex, la birra della Carlsberg, i supermercati della Lidl, gli elettrodomestici della Bosch, la moda di Armani, i mobili dell’Ikea, le auto della Tata, i cancelli automatizzati della Faac sono già consegnati grandi aziende ed altrettante fondazioni o analoghe istituzioni. Il futuro di molte non viene più affidato agli eredi. Si è interrotto il passaggio delle consegne all’interno della stessa famiglia? In Italia non è ancora così. Gran parte della storia dell’imprenditoria italiana è stata un tramandarsi di responsabilità e di competenze dentro casa.
Non a caso molte imprese – piccole, medie e grandi – hanno lasciato tracce di umanità nel complesso meccanismo della produzione e del mercato.
La cronaca, per esempio, ha raccontato e racconta di imprenditori angosciati perché consapevoli dell’angoscia che la chiusura dell’attività avrebbe provocato nei loro dipendenti.
Cosa accadrà ora che, soprattutto all’estero, le fondazioni e non gli eredi diretti vengono scelti per dare continuità all’azienda?
Si è solo trovato un modo per avere sconti fiscali, per rendere possibile la scelta di manager competenti, di figure di grande prestigio?
A quale tipologia di fondazioni si sta pensando per la “successione” posto che queste istituzioni hanno per vocazione il no profit? Non si correrà il rischio di impoverirle o di snaturarle affidando loro il compito di occuparsi di un’attività che ha come scopo il profitto?
Preoccuparsi o essere fiduciosi?
Di questo tema si è discusso nei giorni scorsi a Torino ma le cronache del convegno al quale partecipavano imprenditori, economisti, giuristi e presidenti di fondazioni bancarie, non hanno riportato segnali sui riflessi di questa scelta, sulle prospettive e sulla qualità dell’occupazione.
Di lavoro, “libero, creativo, partecipativo e responsabile”, si è invece molto discusso alla 48a Settimana sociale dei cattolici italiani tenutasi nei giorni scorsi a Cagliari.
E si sono anche sottolineate l’urgenza e l’importanza di costruire alleanze tra i diversi soggetti coinvolti nel mondo dell’imprenditoria e del lavoro.
Tra questi, si è appunto sottolineato al convegno di Torino, ci sono ora anche le fondazioni: si può avere fiducia nella loro capacità di porre tracce di umanità sulle strade del lavoro che esse stesse sapranno aprire. Nel frattempo dalla Settimana sociale di Cagliari è arrivata una risposta: pronti al dialogo.
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