Il tempo delle vacche magre e le sfide dei nostri Comuni

L’editoriale Il punto del direttore de «il Cittadino» Lorenzo Rinaldi

Il balletto sull’ipotesi di aumento della pressione fiscale cui stiamo assistendo in questi giorni da parte di autorevoli esponenti del governo rischia di provocare qualche guaio, perché una delle “leggi” dell’economia è che gli annunci, anche se poi non si trasformano in realtà, hanno effetti sugli orientamenti di spesa e di investimento dei consumatori e delle imprese. Ma le fughe in avanti di alcuni ministri e le repentine marce indietro di altri, queste ultime fatte con il chiaro obiettivo di rispondere a una parte dell’elettorato di riferimento per tranquillizzarlo, hanno almeno avuto il merito di chiarire agli italiani che i conti pubblici rischiano per l’ennesima volta di diventare il grande malato. Non saremmo i soli ad affrontare questo problema in Europa a dire il vero, visto che anche la Francia intravede all’orizzonte nubi scure e le nuove regole di bilancio della Ue la mettono a rischio, mentre la Germania chiuderà il 2024 in recessione, sebbene i segnali di ripresa della produzione industriale sul 2025 ci sono e questa è una notizia rincuorante per noi visto che il principale mercato dell’export italiano è proprio la Germania.

Al netto della rivalutazione delle rendite catastali e della non chiara decisione di procedere a tassare gli extraprofitti delle banche (sperando che poi queste ultime non si rifacciano aumentando le mai chiare “spese di tenuta conto” di noi poveri cittadini...) il quadro per l’Italia e gli enti pubblici, specie quelli locali, si profila piuttosto definito: arriverà - o meglio tornerà - un periodo di “vacche magre”. A pagare il conto più salato rischiano di essere i Comuni e le Province e il sistema sanitario.

Insomma, credo sia saggio lasciarci alle spalle l’entusiasmo di spesa che ha caratterizzato gli anni del post Covid - con gli aiuti del “Piano Marshall” di Regione Lombardia per le opere pubbliche dei Comuni e gli irripetibili miliardi del Pnrr - e porci in una nuova ottica.

Sia chiaro, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che in Europa ha premiato più l’Italia che altri stati, sebbene sia in parte a debito, è stata ed è un’occasione unica per ammodernare il Paese e fare investimenti che altrimenti non ci saremmo potuti permettere: solo a Lodi città penso alla riqualificazione in chiave museale dell’ex Linificio e alla costruzione della nuova scuola superiore Einaudi attesa da decenni. Ma dobbiamo considerare il Pnrr come una parentesi e non come la normalità e ragionare non tanto sulla riduzione della spesa quanto sull’efficientamento dei servizi, soprattutto a livello comunale. Pensare che, anche nel Lodigiano e nel Sudmilano, l’attività di un municipio possa fermarsi perché due o tre dipendenti si assentano contemporaneamente per malattia - è un caso reale di questi giorni - coccia con le esigenze dei privati, delle aziende e delle famiglie. Così come è sotto gli occhi di tutti che tanti piccoli Comuni faticano ad avere professionalità all’altezza delle nuove sfide che la società digitale sta ponendo dinanzi a tutti noi.

E dunque, se è vero che le fusioni tra Comuni sono state spesso fallimentari, è arrivato il momento di muoverci con maggior intensità sul fronte delle collaborazioni più strette: meno municipi isolati e più reti perché in futuro, con risorse ridotte, non potremo permetterci di dire ai cittadini che “oggi il Comune è chiuso causa influenza!”.

È una prospettiva, quella della maggior collaborazione tra enti, che sarà ineludibile: ma abbiamo bisogno di amministratori pubblici coraggiosi e illuminati - che per fortuna non mancano! - che sappiano guardare lontano e non sfascino solo per partito preso quanto di buono finora i nostri territori sono riusciti a costruire. In passato è già successo e rimediare è sempre difficile.

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