La ricerca dell'essenziale al Meeting di Rimini

Per il padre domenicano Candiard la fede è movimento, energia, slancio, sequela, ininterrotta esplorazione, non fanatismo

«Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?» si chiede Cormac McCarthy in uno dei suoi romanzi, dal titolo “Il passeggero”. La domanda, che fa da sfondo all’edizione 2024 del Meeting di Rimini, è stata anche al centro dell’intervento di Adrien Candiard, con il quale il domenicano, membro dell’Institut dominicain d’études orientales del Cairo, ha aperto il celebre evento di fine estate organizzato da Comunione e Liberazione. Le parole e le riflessioni di Candiard meritano di essere riprese e meditate perché, nel vociare estivo un po’ superficiale e banale, esse non mancano di profondità e di stimoli.

Si sentono, nelle parole misurate e mai scontate del predicatore domenicano, echi di quei mondi di frontiera battuti quotidianamente da coloro che sono abituati a vivere sulle soglie, in quelle aree di confine che separano universi culturali, nel caso di Candiard, il mondo occidentale da quello arabo. Sono sempre illuminanti i pensieri di chi abita già oggi quella condizione di minoranza culturale che è destinata a segnare anche il cristianesimo occidentale. Costoro paiono maggiormente preparati a misurarsi con la complessità del reale e, come sentinelle nella notte, sanno meglio raccontare il tramonto di un mondo che finisce e l’alba di uno nuovo di cui ancora non sappiamo individuare i tratti.

Che lo si accetti o meno, il mondo attuale è segnato da una profonda dimensione di pluralismo culturale e valoriale: viviamo in una società in cui ciò che è bene e ciò che è male non trovano una unitaria definizione ma sono soggetti ad una infinita gamma di interpretazioni, tante quante sono i soggetti implicati. Difficile allora concordare su cosa sia l’essenziale della vita, giacché esso si offre in una pluralità di forme e di modi difficili da ricomporre. Se è vero che ogni uomo è, in qualche modo, alla ricerca di quanto egli sente come essenziale, è altrettanto vero che difficilmente tale essenzialità troverà un nome comune e condiviso.

Nota Candiard come la ricerca dell’essenziale, in un tale contesto culturale, pluralistico e differenziato, rischia di assumere i caratteri della concorrenzialità: ogni soggetto portatore di valori e di senso tende a promuovere il suo “marchio” in concorrenza con gli altri, in una dinamica molto simile a ciò che avviene sul mercato per qualunque tipologia di prodotto. Anche la Chiesa rischia di essere intrappolata in questo “business”, nel quale la tentazione è di “vendere” la propria verità in competizione con altre verità, siano esse religiose, scientiste, etiche o di diversa natura. La Chiesa, che per secoli ha preteso per sé il monopolio della verità, si ritrova ora a competere con altri soggetti portatori di visioni diverse, se non addirittura tra loro opposte.

La via concorrenziale, ci ricorda Candiard, non è però la via del Vangelo, il quale ci presenta strategie e percorsi assai diversi. L’esperienza dell’essenziale, secondo i racconti evangelici, ha a che fare con una ricerca più che con un possesso, con un viaggio, più che con il raggiungimento di un traguardo. La fede, sottolinea il domenicano, segna il principio di una ricerca, non la conclusione del percorso; essa è movimento, energia, slancio, sequela, ininterrotta esplorazione, senza la quale essa rischia di diventare idolatria e fanatismo. «La fede non è il punto di arrivo e quindi la fine di ogni ricerca. Ma è il principio di una ricerca continua senza la quale è solo una idolatria in più». L’essenziale cercato dalla fede non è un insieme di concetti o dogmi, ma è la possibilità di un incontro con l’Alterità che continuamente supera ed eccede i nostri pensieri, le nostre definizioni e comprensioni.

Qual è allora l’essenzialità proposta dai Vangeli? A quale essenzialità ci istruisce ed educa il Maestro di Nazareth? Come in un salto carpiato all’indietro Candiard ci riporta alle origini del cosmo, a quegli attimi iniziali in cui, con la sua Parola, Dio creò ogni cosa, accompagnando ogni gesto creativo con una parola di riconoscimento della sua originaria bontà: “ed ecco, era cosa molto buona”. La ricerca dell’essenziale, ci suggerisce padre Candiard, ha a che fare con la ricerca di quel bene che appartiene a tutte le cose che esistono: alle piante, agli animali, all’ambiente e, in somma misura, all’uomo. La ricerca dell’essenziale è la ricerca e l’imitazione dello sguardo di Dio su tutte le sue creature, è la capacità di guardare alla bellezza ferita del mondo, che, nonostante le sue cicatrici, non cessa di essere immagine della bellezza originaria del suo Creatore. È questa l’ascesi a cui è chiamato ciascun cristiano nel nostro mondo così plurale e spesso disorientato: guardare «con riconoscenza, gioia, benedizione. Ma questa essenza va cercata. A volte non è affatto evidente».

Di fronte ai fallimenti, alle cadute, alle tragedie e al male, occorre fare memoria di quello sguardo benevolo che Dio sempre pone su tutto ciò che esiste. Il cristiano è testimone di una bontà originaria che affiora timidamente dalle pieghe della storia come la promessa di un futuro che nessun male potrà sconfiggere. Lo stile del cristiano, secondo il monaco domenicano, è quello di chi sa dire con la propria vita “è bello che tu esista”, “è bello che tu ci sia”, non come un atto di ingenuo ottimismo, ma come riconoscimento ed obbedienza a quella Parola buona che ha creato tutte le cose.

Padre Candiard ci invita a «lasciare che da ogni incontro nasca una epifania, una manifestazione di Dio. Cercare in ogni persona la presenza di Dio anche se ben nascosta è ciò che fa Gesù... Il prossimo è il luogo in cui ogni vita cristiana deve radicarsi anche quando è difficile e arido, senza perdersi nel secondario». L’invito che ci viene rivolto è riconoscere che la Verità è qualcosa di più che avere ragione e che essa esige la ricerca del volto dell’altro come luogo in cui emerge la sua identità ferita e salvata. Questo è possibile se accettiamo di maturare uno sguardo rinnovato sulla nostra esistenza e sulle cose che ci circondano, accogliendo la sfida a «trasformare il mondo un cuore alla volta».

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